Page 263 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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III SeSSIone - I CappellanI MIlItarI 263
stione delle assoluzioni di massa prima della battaglia senza previa confessione,
agitò molto i cappellani e gli uffici castrensi, facendo gridare i più dogmatici
addirittura alla “deriva protestante”. D’altronde il Codice pio-benedettino del
1917, in ossequio alla tripartizione di matrice gaiana res, personae, actiones,
si occupava di normare in via generale la figura dei cappellani militari nel libro
II, intitolato De personis, al Capo IX, rubricato De parochis, al canone 451,
§3: “Circa militum cappellanos sive maiores sive minores, standum peculiaribus
Sanctae Sedis praescriptis” , senza altro dire. Il Codice stabilì semplicemen-
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te che la giurisdizione sui cappellani militari fosse demandata alla Santa Sede,
anche se, anteriormente alla promulgazione del Codice, la Sacra Penitenzieria
Apostolica, con Decreto circa l’assoluzione da impartire ai soldati chiamati al
fronte, datato 6 febbraio 1915 aveva provveduto ad emanare disposizioni per
concedere ai cappellani militari piena facoltà circa l’assoluzione con formula
generale o comunitaria dei soldati chiamati in prima linea, per l’impossibilità
materiale di effettuare le confessioni auricolari singolarmente .
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In via più generale e successivamente al conflitto, le differenti realtà statuali,
nelle quali ci si trovò concretamente ad operare, richiesero uno sforzo di adatta-
mento, una declinazione locale della disciplina ex parte ecclesiae dei cappellani
militari ossequiosa o perlomeno compatibile con i contesti politico-normativi
ospitanti. In Spagna, Austria, Germania e nel nostro Paese, i cappellani militari
erano inquadrati come “parroci personali ” aventi potestà ordinaria e dipendenti
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dall’Ordinario castrense che aveva sui militi-fedeli giurisdizione quasi-episco-
pale.
In Italia, la Santa Sede conferì al Vescovo di campo le necessarie facoltà e
attribuzioni quasi-episcopali fino a quando tale carica non venne abolita dal Re-
28 parte della dottrina, in merito al Can. 451 §3, si limitò a “non definire”, evidenziando
le difficoltà di inquadramento teorico dei cappellani militari all’epoca, considerandoli
“semplici delegati della Santa Sede” e constatando come, per i cappellani militari men-
zionati nel canone citato, si fosse determinata una classificazione giuridica particolare
ovvero quella di “parroco personale” che era naturalmente cosa ben diversa dal parroco
territoriale. Cfr. DEL GIUDICE V., Nozioni di Diritto Canonico, Milano, 1962, 159 nota
29. altra parte della dottrina parlò invece di assimilazione e non già di equiparazione
ai parroci cfr. CRoSo N., Figura giuridico-ecclesiastica del Cappellano militare, in Il
Diritto Ecclesiastico, 1960/2, 123. altri ancora ritennero di equiparare pienamente le due
figure ritenute entrambe pienamente inquadrabili nella categoria dei parroci per status e
funzioni ai sensi dell’art. 14 del Concordato del 1929. Così SEVERI F.S., Garanzia dei
diritti e disciplina militare, Brescia, 1973, 95.
29 Cfr. Sacra penitenzieria apostolica, Decreto circa l’assoluzione da impartire ai soldati
chiamati al fronte, 6 febbraio 1915, in acta apostolicae Sedis, VII, p. 72.
30 Nel senso che ricevevano i loro fedeli non dal territorio, come è per la parrocchia, ma da
qualità personali, tipo la nazionalità, lingua, famiglia, stirpe, condizioni personali parti-
colari, rito, professione.

