Page 63 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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se l’esercito non avrebbe più vinto la guerra, non l’aveva ancora perduta. La con-
vinzione di pressoché ogni comandante di grande unità, anche dopo il definitivo
allontanamento del “falco” Conrad, era che il Veneto avrebbe potuto e dovuto es-
sere difeso, conservato ed usato come pegno prezioso al tavolo delle trattative di
una guerra che tutto lasciava intendere sarebbe presto finita. Non va dimenticato
che una commissione d’armistizio agli ordini del Gen. Weber von Webenau si
era costituita a Trento fin dal 5 ottobre e non aveva avviato trattative immediate
con l’Italia solo per l’intervento tedesco, dato che Ludendorff ed Hindenburg
nutrivano ancora fiducia nella capacità di tenuta della “linea Siegfried”. La
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prospettiva di combattere ancora sul fronte sud-occidentale non era né gradita,
né favorevole, ma non appariva ancora disperata. Il rapporto di forze favorevole
all’Intesa era di 2:1 (più precisamente di 912 battaglioni dell’Intesa contro 671
austro-ungarici ad organici ridotti, poco più della metà dei fucili del 1914); per
l’artiglieria di 3:1 (con 3200 pezzi nel settore d’attacco contro i 1350 schierati a
difesa) , ma era pur vero che nel 1915 l’Isonzo era stato difeso con un rapporto
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contrario di 1:6. Gli stessi italiani poi, a dispetto o forse proprio in forza della
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continua, logorante azione di propaganda che conducevano, apparivano ancor
meno disposti a rischiare a loro volta il fallimento di un’offensiva per riappro-
priarsi delle terre occupate. Sacrificare altre decine di migliaia di uomini per
ottenere quello che la pace avrebbe presto portato comunque era visto come una
vera e propria follia che i comandi italiani non avrebbero compiuto. Era questa
ad esempio la convinzione espressa senza infingimenti dal comandante croato
del XXIII C.d.A. sul basso Piave, Gen. Csicserics, il negoziatore della pace di
Brest-Litovsk, condivisa del resto dal collega Gen. di fant. Schariczer von Rény
c.te del contermine VII C.d.A. o dal FZM. Árpád Tamásy von Fogaras, al co-
mando dell’ungherese IV C.d.A.. Il capitano di S.M. Constantin Schneider, della
44ª Divisione Schuetzen, che li incontrò in una ricognizione al fronte del Piave ai
primi di ottobre, sintetizzava così la loro idea sulla fine della guerra:
“La pace era così vicina, che il nemico non avrebbe più sacrificato una
14 Non è mancato in ambito storiografico chi ha attribuito alla “fascinazione” esercitata su arz
ed il suo comando dalla macchina militare tedesca la decisione di rimandare ancora ogni seria
proposta di armistizio al governo italiano: si veda Fmlt. Lengyel Béla von, Der militärische
zusammenbruch der österreichisch-ungarischen Monarchie 1918, “allgemeine schweizeri-
sche Militärzeitschrift”, 135 (1969), pp. 269-276, qui p. 270. L’autore all’epoca dei fatti era
aiutante maggiore in un Reggimento ungherese.
15 Major Eager J.M., The Massing of artillery for the Battle of Vittorio Veneto, “Field artillery
Journal”, 15 (1925), pp. 121-129, qui p. 127.
16 Ligeti David Ádám, Der zusammenbruch des österreichisch–ungarischen Heeres im Jahre
1918 laut der Bestätigungspapiere von arthur arz von Straussenburg, Budapest 2009, p. 286
in http://real.mtak.hu/55175/1/Ligeti_David_Der_zusammenbruch_u.pdf (ultimo acces-
so 11 ottobre 2018).