Page 69 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             piegavano al fronte i corpi e le unità più affidabili, dopo il crollo della Bulgaria
             ormai più solo quelli di nazionalità tedesca, venivano meno le forze necessarie
             a garantire gli indispensabili contrattacchi pianificati. A parte la considerazione,
             anche questa di carattere politico, che si sarebbe sacrificato in tal modo proprio
             chi meno aveva da guadagnare da una resistenza disperata. Se viceversa si la-
             sciavano in prima linea le compagini troppo eterogenee, per non parlare di quelle
             già apertamente ostili all’Impero o orientate per un’autonomia nazionale, si dava
             modo agli attaccanti di aprirsi un varco con soverchia facilità, rendendo di fatto
             inoperanti gli stessi contrattacchi pianificati, che si sarebbero trovati di fronte
             forze integre addirittura già sostenute dalla propria artiglieria. Il riconoscimento
             da parte di Wilson della Repubblica di Masaryk e Beneš, proclamata a Parigi già
             il 14 ottobre, – ad esempio - rendeva i cechi ancora presenti nelle file dell’eser-
             cito imperial-regio appartenenti di fatto ad un nuovo stato, schierato a fianco di
             quell’Intesa contro cui avrebbero dovuto invece battersi! 34
                  Alla fine il comando supremo austro-ungarico optò di fatto per una solu-
             zione intermedia, garantendo ad entrambi gli schieramenti, quello avanzato e
             quello destinato al contrattacco, unità e corpi con differenti livelli di fedeltà alla
             causa imperiale e di conseguente affidabilità. Non a caso la valutazione iniziale
             dell’azione dell’Armata di Lord Cavan alle Grave di Papadopoli fu che gli alleati
             “tastassero” il fronte in cerca dei corpi meno disposti a combattere, in mancanza
             di un piano realmente organico di sfondamento. Il corso della battaglia confermò
             in buona sostanza timori ed aspettative. Sul Grappa, dove anche i capisaldi più
             arretrati entrarono subito nel vivo della lotta e comunque erano chiamati a soste-
             nersi a vicenda, la resistenza fu ampiamente superiore alle più rosee speranze.
             Alla fine di quasi una settimana di attacchi “carsici”, le poche conquiste italiane
             (con la sola eccezione di Col del Cuc, tatticamente quasi ininfluente) erano state
             tutte perdute e l’insieme della struttura difensiva austriaca era integro. Anche
             quando il rifiuto d’obbedienza degli ungheresi e dei bosniaci nelle retrovie segnò
             il dissolversi del dispositivo del gruppo von Goglia, fu ancora possibile – lo si
             ricordava all’inizio – trovare un corpo disposto ad andare al contrattacco e ad
             ottenere un’ultima vittoria, pagata sanguinosamente e “buona” ormai solo per
             salvare l’onore del reggimento. Sul Piave la resistenza della prima linea dipese
             sostanzialmente dalla determinazione delle unità cui era affidata, alternò capaci-


                 o la capacità di riconquistare, almeno sul Grappa, pressoché tutte le posizioni inizialmente
                 perdute.
             34  anche se non tutti gli sviluppi politici all’interno potevano arrivare alle truppe in linea, non va
                 dimenticato che a zagabria un consiglio nazionale sloveno-serbo-croato, il “Narodno Vijece”,
                 che si proponeva la costituzione di uno stato nazionale era nato fin dal 6 ottobre, mentre il
                 15 successivo l’assemblea dei delegati polacchi a Cracovia annunciava la nascita del futuro
                 stato polacco a cui i territori “polacchi” della Monarchia avrebbero dovuto unirsi. Si veda a
                 riguardo Kathrein, “an meine getreuen oesterreichischen Voelker”, cit., p. 31
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