Page 127 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il comando della Legione Carabinieri di Palermo
Greco. In questi mesi si verificò una serie ininterrotta di azioni omicidiarie eclatanti
da una parte e dall’altra in tutti i quartieri della città, che turbarono profondamente
l’opinione pubblica, raggiungendo l’apice il 30 giugno 1963, allorquando esplose
un’Alfa Romeo Giulietta carica di esplosivo che, lasciata con uno pneumatico forato
nel fondo Sirena di Ciaculli, uccise sette appartenenti alle Forze dell’ordine, accorsi
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per disinnescare il congegno esplosivo . Proprio a causa di tale recrudescenza ma-
Badalamenti e Tommaso Buscetta, nel corso del quale si decise di abbandonare la rotta cubana
del traffico di stupefacenti per quella italiana e, soprattutto, l’istituzione della Commissione di
Cosa Nostra. A seguito di ciò, tra il 1958 e il 1961, mentre nel corleonese impazzava la guerra
tra i “navarriani” e Luciano Leggio, Palermo viveva una pax mafiosa turbata soltanto, nel 1959,
dal tentativo di un gruppo di mafiosi (Pisciotta Giulio, Carollo Natale e Drago Filippo), facenti
capo a Vincenzo Maniscalco il quale tentò di scalzare il La Barbera Angelo dal ruolo di Capo 123
del Mandamento Palermo centro, nel frattempo raggiunto. Tutti e quattro i congiurati furono
eliminati nel volgere di breve tempo. Il 17 gennaio 1963, La Barbera Salvatore cadde vittima
della lupara bianca. Qualche mese dopo, La Barbera Angelo, nel frattempo riparato a Milano,
viene raggiunto dai killer della famiglia Greco in quel viale Regina Giovanna, ove lo attinsero con
sei proiettili. Salvatosi miracolosamente, alternerà periodi di libertà ad altri di detenzione sino al
28 ottobre 1975 quando, all’interno del carcere di Perugia, sarà accoltellato a morte da altri tre
detenuti siciliani (Giuseppe Ferrara, Giuseppe Privitera e Giuseppe Rizzo).
8 «Dal dicembre del ’62 e fino all’estate successiva Palermo fu messa a ferro e fuoco da un feroce
scontro tra clan per il controllo del traffico di stupefacenti e, più in generale, per la supremazia
nel panorama mafioso provinciale, passato alla storia come prima guerra di mafia. Il conflitto
oppose le due fazioni egemoni nella parte Nord-occidentale e Sud-orientale della città, capeggiate
rispettivamente dalla famiglia La Barbera di Palermo Centro e da quella dei Greco di Ciaculli.
Gli storici lo hanno interpretato per lo più attraverso la nota distinzione concettuale tra power
syndicate ed enterprise syndicate formulata da Alan Block con riferimento al crimine organizzato
newyorkese, usando il primo termine per definire la dimensione del controllo territoriale delle
famiglie mafiose, ossia l’aspetto localizzato e stabile degli insediamenti, e il secondo per catalogare
la trama più fluida delle relazioni affaristico-criminali di scala nazionale e internazionale, coin-
volgente individui affiliati alla mafia insieme a trafficanti, soci, clienti della più varia estrazione. Il
controllo dei Greco sulla borgata di Ciaculli risaliva invece alla fine dell’Ottocento, esprimendosi
attraverso la gestione delle guardianie e dei sistemi di irrigazione, l’abigeato, il contrabbando e
il racket sulla produzione e sul commercio degli agrumi a distanza breve, media e lunghissima.
Come i La Barbera, anche i Greco trafficavano in stupefacenti mediando tra le aree di produ-
zione della materia prima (collocati in Medio Oriente) e quella di smercio localizzata negli Stati
Uniti. I due gruppi operavano di concerto, finanziando in varie percentuali le partite di droga
in partenza dalla Sicilia: avvenne però – come anche “L’Ora” ebbe modo di rilevare – che una
spedizione di eroina commissionata dal capomafia italo-americano di Cinisi, Cesare Manzella,
a Calcedonio Di Pisa rendesse meno del previsto. Membro della Commissione vicino ai Greco,
Di Pisa si giustificò sostenendo di essere stato truffato dagli acquirenti americani. Chiamata a
pronunciarsi sul caso la Commissione, formata tra gli altri da Rosario Mancino, Salvatore La
Barbera, Salvatore Greco (inteso “cicchiteddu” o “ciaschiteddu”) e dallo stesso Manzella (ma con-
trollata in realtà dai Greco), stabilì la non colpevolezza di Di Pisa: i La Barbera, però, confermati
nei loro sospetti su di lui da fonti americane, lo eliminarono nel dicembre 1962. I componenti
della Commissione accusarono dell’agguato Salvatore La Barbera, che uccisero il 17 gennaio
1963: ebbe così inizio una clamorosa catena di rappresaglie tra i due gruppi, scandita da raffiche
di mitra, autobombe e scorribande per le vie cittadine. Insieme ad alcuni sodali come Antonino
Matranga e Mariano Troia, Angelo La Barbera provò a rifugiarsi a Milano, senza riuscire però a
salvarsi da un attentato in cui rimase ferito e che lo portò dritto al carcere di San Vittore. “L’Ora”
documentò sistematicamente la serie di ritorsioni reciproche: Dinamite ai Ciaculli, titolò il 12
febbraio raccontando dell’esplosione dell’auto di Salvatore Greco; Western a Palermo, definì il 19
aprile la micidiale sparatoria consumata davanti alla pescheria Impero in via Empedocle Restivo;
Una potente carica di dinamite collocata in un’auto fa a pezzi un capomafia e il guardaspalle, fu
il titolo scelto per riferire della morte di Cesare Manzella a Cinisi. Il culmine si toccò il 30 giugno
1963 con la deflagrazione a Ciaculli di un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo che uccise
sette militari tra Carabinieri e artificieri, destando enorme impressione in tutto il Paese. Restarono
uccisi dall’esplosione il Tenente dei Carabinieri Mario Malausa, i Marescialli Silvio Corrao e
Calogero Vaccaro, gli Appuntati Eugenio Altomare e Mario Fardelli, il Maresciallo dell’Esercito