Page 131 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il comando della Legione Carabinieri di Palermo
la mia Legione, per tutti i miei collaboratori, dedicata proprio ai mafiosi o indiziati tali. È
una scheda che ho preparato con la mia modesta esperienza perché, attraverso le parentele
e i comparati, che valgono più delle parentele, si possa avere una visione organica della
famiglia, della genealogia, più che un’anagrafe dei mafiosi. Quest’ultima è limitata al
personaggio; la genealogia di ciascun mafioso ci porta invece a stabilire chi ha sposato il
figlio del mafioso, con chi si è imparentato, chi ha tenuto a battesimo, chi lo ha avuto come
compare di matrimonio; e tutto questo è mafia, tutto questo è propaggine mafiosa, è una
ramificazione della quale potremo sapere, domani, con maggiore certezza. Oggi possiamo
procedere ancora in base alle attività e all’esperienza comune; ma domani queste schede
potranno avere un loro significato, anche se limitato al nostro ambito. Praticamente, così
come abbiamo una schedatura per i delinquenti comuni, nulla vieta che ne abbiamo una
particolare per i mafiosi; ed è molto più efficace seguire i mafiosi così, cioè non attraverso
la scheda solita del Ministero dell’Interno, ma da vicino, attraverso i figli, attraverso i 127
coniugi dei figli, attraverso le provenienze, le zone dalle quali provengono, perché anche
le zone di influenza hanno la loro importanza. Non è una trovata trascendentale; però
indubbiamente col tempo ci metterà in condizioni di seguire da vicino il fenomeno. E
una volta contenuto, una volta controllato questo, noi potremo effettivamente esprime-
re – anche dal punto di vista dell’impiego delle nostre forze – qualcosa di più fruttifero ed
efficace. L’altro argomento, sul quale ho voluto trattenere il Signor Presidente nel cortile
[…] in anteprima, è costituita da questa carta, che riproduce un pannello della mia “Sala
situazione” al Comando Legione, con le manifestazioni criminose delle intere quattro
province. Noi, per consuetudine – o meglio, per ordine del nostro Comando di Divisione,
che sovrintende all’Italia meridionale – segniamo con degli spilli colorati i singoli reati
che si sono manifestati nelle singole zone: azzurro per il furto, arancione per il furto di
macchina, verde per l’abigeato, rosso per la rapina, nero per l’omicidio, eccetera; ed allo
spillo applichiamo un colletto nero finché il reato rimane ad opera di ignoti. Al termine
dell’anno è così possibile fare una sintesi; abbiamo cioè una visione di insieme, visiva ed
efficace, di dove le manifestazioni criminose si sono verificate nell’ambito delle quattro
province; però con una avvertenza: gli spilli, cioè, indicano manifestazioni criminose,
ma non è detto che le zone nelle quali esse sono avvenute si identifichino con le plaghe
mafiose. In effetti, accade che la parte che notoriamente è controllata da decenni dalla
mafia – Corleone, Lercara Friddi, Vallelunga, Valledolmo, Villalba – appaia deserta, non
segnata da alcuno spillo: lì non figurano furti, non figurano incendi, non figurano abigeati.
Tutto questo può essere vero (non lo escludo che sia vero); ma può anche essere, per una
quota parte, che i reati non vengano denunziati, e, per un’altra quota parte, che si voglia
evitare di turbare l’andamento dei processi in corso, proprio per non portare alla ribalta
determinati nomi, influenzando i giudici popolari che domani potrebbero essere più severi
nel condannare o nel giudicare. Infatti, sentir ripetere Corleone, Corleone, Corleone, in
un momento in cui molti degli esponenti mafiosi di Corleone sono sottoposti a giudizio,
può generare un effetto psicologico di notevole portata nel giudice popolare; non dico
nel magistrato togato, perché per me quello è e rimane l’altare, ma nel giudice popolare,
meno esperto, meno preparato, sì. Se andiamo a vedere, quindi, osserveremo che, per una
vasta plaga intorno, nessuno spillo abbiamo avuto il piacere di mettere in quella zona, a
segnare un reato non ad opera di ignoti ma i cui autori sono stati scoperti.
È forse la prima volta che il Col. dalla Chiesa esplicita, seppure nell’ambito di un con-
testo riservato, il proprio approccio metodologico investigativo che, come vedremo in
seguito, sarà riproposto, con gli opportuni adeguamenti, qualche anno dopo allorquando
sarà chiamato a fronteggiare la minaccia terroristica. Dalle parole del Colonnello emerge
chiaramente l’importanza che Egli attribuisce a un aspetto del suo metodo operativo, che
poi diverrà ricorrente, ossia quello psicologico, propedeutico all’attuazione di qualsivoglia
strategia sul campo. Egli, infatti, non manca di sottolineare che l’azione di contrasto posta