Page 298 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
nei varchi aperti all’inizio dai dipendenti Reparti, e «sfruttare il successo» con il con-
seguimento di risultati anche di rilievo;
c. tutte – dicesi tutte – le formazioni del terrorismo storico e non hanno subìto, in ogni
parte d’Italia, serie disarticolazioni fino a rendere non solo difficoltoso il comune pro-
cedere e il mantenimento dei relativi collegamenti, ma anche evidente, tangibile lo
sbandamento psicologico degli organizzatori e dei fiancheggiatori ai vari livelli;
d. danni gravissimi sono stati arrecati all’organizzazione eversiva sul piano logistico ed
operativo;
e. se il terrorismo da sempre si era proposto, tra i suoi scopi principali, la «contraddizione»
in seno alle pieghe dello Stato e delle sue Istituzioni, quest’Ufficio può sottolineare,
invece, che gravissime «contraddizioni» sono state raggiunte e fatte esplodere proprio
tra le varie componenti dell’eversione (ivi comprese quelle esistenti nelle carceri).
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In un contesto del genere – in tutto positivo – senso di responsabilità impone che
si accenni, fin d’ora, a talune carenze di fondo che, in uno con l’avvertita minore
univocità di impostazione strategica e operativa, possono aver creato rallentamento
nei programmi correnti ovvero disagio in seno ai Reparti che, costretti a condurre
vita analoga a quella del loro «avversario», ambivano, specie in periferia, a maggior
prestigio e serenità.
A) Mancata attuazione di provvedimenti proposti quali misure parallele alla «lotta
all’eversione» onde non vanificare, nel tempo, i risultati raggiunti.
Nulla risulta sia stato tradotto in essere o abbia costituito motivo di studio, anche
laddove le misure proposte esulavano da provvidenze o interventi legislativi e
potevano da soli rendere difficile la «riossigenazione» o la possibilità di «nuotare
come pesci in acqua», agli apologeti ed ai «signori della guerra»;
B) Compartimentazione dell’operatività.
Spesso successi conseguiti e attribuiti a Reparti di questo Ufficio, quali conclusione
di attività originata da spunti e interventi locali, si sono tradotti in perplessità
specie in ordine alla paternità effettiva dell’operazione nel suo più vasto contesto.
Una maggiore obiettività avrebbe voluto e vorrebbe che si fosse almeno acquisito
il concetto – anche ai livelli più responsabili – che, a fronte di un risultato positivo
conseguito o di uno «spunto» occasionale di indagine, spesso destinati entrambi
a rimanere tali e circoscritti in un’area, solo il doveroso intervento – immediato
e indispensabile sul piano interregionale o nazionale – dei Reparti Speciali ha
potuto e doveva consentire la «fruttificazione» dell’iniziale lavoro di un qualsiasi
organo periferico; intervento che, destinato a un’economia operativa di più vasto
respiro non poteva e non può naturalmente competere a uffici e comandi che,
seppur validi ed efficienti, spesso rifiutano la lettura di una produzione dottrinaria
e sempre sono enucleati da una conoscenza complessiva del problema; e, come
tali, notevolmente non in grado di focalizzare, con ogni tempestività fatti, nomi
e circostanze.
Basterebbe, al riguardo, rammentare come, più volte quest’ufficio ha dovuto,
non solo di iniziativa, orientare e illuminare anche magistrati di numerose cir-
coscrizioni, impegnati in delicate istruttorie, talvolta riunendoli ufficiosamente
fra riunioni e scambi di notizie tra loro e dipendenti Uffici.
Così come sensibili progressi sono stati poi realizzati, quando gli stessi hanno
avuto il supporto, e discreto, di dati, di circostanze e interpretazioni di fondo, non
certo frutto di improvvisazioni – anche emotive o finalizzate – ma quale naturale
patrimonio della esperienza acquisita.
Ancora nel corso dell’audizione del Gen. dalla Chiesa, vero e proprio diario di bordo
della sua esperienza antiterrorismo, questi, proseguendo nella narrazione, riferisce: