Page 295 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il periodo da Coordinatore del servizio di sicurezza
Appena due giorni dopo la prima missiva, il 28 gennaio, il Ten. Col. dalla Chiesa
scrive una seconda lettera alla moglie Dora:
Amore mio carissimo,
avrei voluto dedicarmi a te più a lungo questa sera e invece devo accelerare in quanto
ci hanno preannunciato la visita dell’Eccellenza il Comandante Generale alla Legione
per domani o dopodomani. Puoi immaginare come siamo tutti un po’ in agitazione e
come anch’io non possa sottrarmi a tale atmosfera; non solo per orientarmi almeno
su qualcosa che attiene al mio nuovo incarico… ma anche perché ritengo che vorrà
vedermi di persona.
Puoi ben comprendere il mio stato d’animo e, benché cerchi di essere tranquillo e sereno
come la coscienza mi detta, tuttavia il timore che qualcos’altro possa accadere, oltre
quanto già ricevuto, mi tormenta. Ti ho detto ieri come già mi senta in qualche modo 291
responsabile di quanto accaduto alla mia famigliola ed a te in particolare e davvero
vorrei tanto, con tutte le mie forze, che il tempo mi concedesse di risalire le posizioni
nella personale considerazione dell’Eccellenza. Degli altri ho preoccupazioni minori,
perché la giustizia più che appartenersi agli uomini, si appartiene a Dio e Dio sa quanto
abbia meritato il malanimo dei colleghi…
E tu, amore mio, che fai? Come ti senti senza l’assillo del tuo brontolone vicino?…
Doretta bella e tanto mia sapessi quanto mi manchi e quanto quanto vuoto ci sia in-
torno a me! Ho subito tutto, tesoro, anche la flessione della spina dorsale solo per non
fare dell’altro male a te e ai bambini; ho inghiottito senza reagire unicamente nella
speranza che la nostra Madonnina ci proteggerà ancora e ci ridarà tutto il bene di cui
siamo stati ingiustamente privati.
Ciao, amore mio bello, … ti abbraccio forte forte,
il tuo Carlo
Appare utile alla comprensione del particolare momento rileggere anche alcuni passi
del carteggio successivo. In particolare, nella missiva del 5 marzo 1964, il Ten. Col.
dalla Chiesa scrive alla moglie Dora:
Doretta mia bella, tesoro adorato, se fossi stata oggi con me, vicino a me avresti notato
qualche nuova ruga disturbare la serenità del tuo Carlo e me ne avresti indubbiamente
chiesto il motivo. E siccome per me è come se fossi sempre presente, vengo un po’ tra le
tue braccia a sfogarmi e a dirti che questa mattina al Colonnello, qualcuno a lui vicino,
e ritenendo ovviamente di fargli piacere, è andato a dirgli che corre voce nell’Arma
come a lui mandino gli ufficiali … come me (!!!), perché lui sa come sistemarli! E di
questo avevo già avuto la sensazione non solo perché, pur essendo vero il contrario, è
umanamente comprensibile che ci si possa vantare di tanto (in un momento in cui si
ha bisogno di mettere il bavaglio un po’ dappertutto) e di far sapere che si è di polso
a chi deve giudicare dell’azione del Comandante di Legione; ma anche perché non
poteva a lungo concedersi che il T. Col. dalla Chiesa fosse così in difetto da non alzare
minimamente un dito e non pronunziare parola. Ma chi, nell’Arma, potrà mai credere
che io: 1) non ho fatto nulla per meritare un trasferimento-punizione; 2) non ho fatto
nulla per reagire ad un’azione ingiusta?
La conclusione infatti non può che essere una: e cioè che, essendo un colpevole, ho poi
trovato nella nuova sede un Comandante che mi ha saputo mettere e tenere a posto.
Aggiungici il comportamento esteriore di altri Generali, Colonnelli e colleghi ed anche
chi dal mio comportamento prudente e ubbidiente – quello che per consiglio unanime
mi sono imposto a costo di schiacciare la mia dignità – avrebbe dovuto trarre motivo
per dei giudizi positivi, saprà e sarà convinto, invece, che è tutto merito del Col. Ganger!