Page 293 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il periodo da Coordinatore  del servizio di sicurezza


                                              forze non proprio favorevoli che certamente non agevolano il già improbo operato dei
                                              suoi Reparti speciali, nonostante conseguano – e questa invece è una certezza – risultati
                                              strabilianti, certamente inconsueti rispetto agli standard delle Forze di Polizia italiane
                                              del tempo. Viene spontaneo chiedersi come mai un uomo dalle straordinarie capacità
                                              e intuizioni, unanimemente riconosciutegli, chiamato a più riprese dal governo italiano
                                              a contrastare fenomeni criminali, di matrice terroristica e di criminalità organizzata, di
                                              aggressività tale da mettere addirittura in pericolo le stesse Istituzioni dello Stato, abbia
                                              trovato così tanta ostilità lungo il suo cammino. E allora, vale forse la pena di tentare di
                                              dare una risposta a questa domanda, andando a ricercare tra i documenti e le testimo-
                                              nianze di coloro che lo hanno conosciuto più da vicino, sul campo. Partendo da alcuni
                                              Magistrati con cui il Gen. dalla Chiesa collaborò sin dai tempi del Nucleo Speciale di
                                              Polizia Giudiziaria di Torino (1974-1975), il Dottor Giancarlo Caselli, in proposito dello
                                              scioglimento del Reparto speciale, ebbe a dire: «[…] le tesi sono tante, ma io ho la mia   289
                                              idea. In primis: il Nucleo non era troppo amato dall’Arma, faceva per così dire ombra:
                                              perché questi uomini erano decisamente bravi, perché troppo alla ribalta, perché erano
                                              autonomi, per loro statuto intervenivano su tutto il territorio italiano senza dover sotto-
                                              stare ai limiti imposti all’interno dell’organizzazione dell’Arma stessa». Fabiola Paterniti,
                                              nel raccogliere la testimonianza del Dott. Caselli, scrive: «Racconta anche che le Brigate
                                              Rosse erano convinte che quella scelta di chiudere il Nucleo fosse una finzione. Un’idea
                                              folle, che fu presto nota ai Magistrati e all’opinione pubblica quando le Bierre uccisero il
                                              Maresciallo (di Pubblica Sicurezza) Rosario Berardi»  […] Caselli ricorda il volantino di
                                                                                            18
                                              rivendicazione delle Brigate Rosse che scrissero: «Lo abbiamo ucciso anche per far sapere
                                              al movimento che la tanto conclamata ristrutturazione è una bufala, è uno specchietto
                                              per le allodole. Perché non di ristrutturazione si tratta, ma di redistribuzione del personale
                                              sul territorio, in modo che possa meglio fronteggiare gli antagonisti. E quindi vogliamo
                                              far sapere che abbiamo capito, e vogliamo dire al movimento come stanno le cose e, per
                                              questo, uccidiamo Berardi. Purtroppo quello che loro ritenevano essere un escamotage,
                                              era la pura e semplice verità. I Nuclei di dalla Chiesa e Santillo erano stati sciolti e basta.
                                              Senza fini reconditi, ma ribadisco: fu un grosso errore».
                                              Il Dottor Armando Spataro, che nel corso della sua carriera incrocerà più volte il
                                              Gen. dalla Chiesa, sempre in merito alla soppressione del Nucleo Speciale di Torino,
                                              riferisce: «Lo scioglimento del gruppo guidato dal Generale suscitò polemiche diver-
                                              genti nell’opinione pubblica: c’era chi lo considerava un errore, chi invece sosteneva
                                              che la soppressione del Nucleo e il trasferimento in altre sedi del personale che lo
                                              componeva avrebbero determinato un’espansione territoriale di quella specializza-
                                              zione e, quindi, conseguenze positive nella lotta al terrorismo in tutto il Paese. Ma
                                              sono convinto che quest’ultima tesi sia ancora oggi molto discutibile, tanto che lo
                                              Stato dovette richiamare il Generale nel 1978 e ricostituire il Reparto, sia pure con
                                              qualche nuova caratteristica» .
                                                                         19
                                              La ricerca archivistica ha consentito di focalizzare anche un altro episodio che tanto
                                              amareggiò l’allora Tenente Colonnello dalla Chiesa, avvenuto nel gennaio 1964,
                                              allorquando gli giunse, senza alcun preavviso, un dispaccio di trasferimento da Capo
                                              Ufficio presso la IV Brigata Carabinieri in Roma a Capo ufficio Addestramento della
                                              Scuola Allievi Carabinieri di Torino. Le lettere che indirizzò, in tale frangente, alla
                                              sua amatissima consorte, Dora, rendono evidente la condizione di solitudine in cui
                                              versa l’Ufficiale di fronte a un provvedimento che, pur non spiegandosene le ragioni,
                                              appare assai penalizzante, se non addirittura punitivo. Andiamole a leggere:





                                              18  Tratto dal volume di F. Paterniti, op. cit.
                                              19  Ibidem.
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