Page 288 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
4. LE OSTILITÀ AMBIENTALI
Fatta questa analisi introduttiva sul «metodo dalla Chiesa», il Generale tiene a
rappresentare che, nonostante il pieno conseguimento degli obiettivi loro affida-
ti, non tutto era andato per il verso giusto. Proseguendo nella sua deposizione,
EGLI dice:
Qui giova sottolineare che il famoso Decreto che prevedeva, all’art. 3, che tutti gli
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organi provinciali, la Pubblica Sicurezza, la Guardia di Finanza, l’Arma, dovevano
garantire il massimo della collaborazione, è stato diramato soltanto dal Comando
Generale dell’Arma. Pertanto, in periferia, da parte delle Prefetture, delle Questure,
dei Gruppi della Guardia di Finanza, si è sempre pensato che la presenza non solo
284 personale, che era scontata, ma quella degli uomini che appartenevano a questi Reparti
fosse un’interferenza, non voluta dall’Esecutivo, fosse un qualcosa che apparteneva
alla mia volontà di straripare, di prevaricare nel condurre una lotta che andava a di
là di quei poteri che, invece, mi erano stati affidati ufficialmente attraverso un decre-
to. Ho pagato quindi un alto tributo psicologico – e non mi dispiaccio di questo – lo
dico solo per segnalare quale ulteriore condizionamento, quale ulteriore difficoltà nel
muovere ci sia stata, perché qualche Questore, qualche Comandante di Gruppo della
Guardia di Finanza – pur avendo io avuto dal Comando Generale della Guardia di
Finanza ogni collaborazione – qualche Prefetto ha dato la sensazione che la presenza
o mia personale o di qualche mio Ufficiale potesse essere un di più, rispetto ai compiti
istituzionali previsti in quel territorio. […] Naturalmente, in periferia, si fa presto ad
attivare i mass-media o l’organo di informazione o il cronista amico per cui si mette in
circolo qualche motivo non certamente favorevole, se non ostile, nei confronti di chi in
quel momento ha bisogno, invece, della solidarietà, della credibilità, del prestigio, non
quello con due o tre “g”, come si può usare in qualche parte d’Italia, ma del prestigio
autentico; giacché, se si deve combattere, bisogna – al di là di ogni efficientismo – che
chi comanda la lotta contro l’avversario possa operare.
Dopo quest’amara riflessione, sembra che il Gen. dalla Chiesa provi a tirarsi su di
morale, aggiungendo: «E debbo dire che prestigio, non solo personale ma come Re-
parti, ne abbiamo raccolto in casa avversaria, perché ogni volta che venivano arrestati
personaggi di un certo rilievo, questi chiedevano sempre: “Ma siete i Carabinieri di…,
solo voi potevate […]”. Questo – che non vuole suonare esibizione – è solo per dare
testimonianza storica che presso l’avversario chi combatte deve godere di qualche
prestigio. Se tale prestigio non glielo danno coloro che lo pongono sul piedistallo o
sul proscenio o sulla breccia è giusto che – al di là del fumo – lo stesso prestigio sia
conquistato di persona o attraverso i propri uomini».
Questa pacata lamentela, che il Gen. dalla Chiesa sembra archiviare quasi come
una dimenticanza dovuta a superficialità o tuttalpiù a sciatteria, assume in realtà
una notevole rilevanza atteso che EGLI sta descrivendo fatti e circostanze avvenuti
all’indomani della strage di via Fani e dell’omicidio dell’On. Moro, periodo in cui
rappresentanti della Magistratura, delle Forze dell’Ordine, della stampa, degli ap-
parati dello Stato e delle forze sociali venivano falcidiati, con una cadenza impres-
sionante, ad opera dell’eversione di destra e, soprattutto, di sinistra. Probabilmente
il suo innato senso delle Istituzioni, la sua totale dedizione allo Stato gli impongono
16 Si riferisce al Decreto del 9 agosto 1978 del Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, di con-
certo con il Ministro dell’Interno, Virginio Rognoni, istitutivo dello speciale Reparto affidato al
Gen. D. Carlo Alberto dalla Chiesa, con l’incarico di Coordinatore delle Forze di Polizia e degli
Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo.