Page 300 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
e poi ancora, non vorrei che fosse ignorato il fatto di Patrica , perché questo episodio
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è importante. L’omicidio, la strage nei confronti del Procuratore della Repubblica di
Frosinone e del conduttore della sua macchina, nel corso della quale morì anche uno
degli aggressori, fu importante perché – a parte il fatto che a Milano, su cui mi sof-
fermerò come esemplificatore di tutta quella che è stata la conduzione successiva – fu
proprio una dimostrazione di efficienza sotto il profilo della conoscenza del fenomeno.
Cioè le Formazioni Comuniste che rivendicarono il fatto (e che venne poi respinto da
Prima linea) avevano la loro matrice in quelli di Potere Operaio. Ed essendo il morto
[si riferisce al terrorista caduto nell’agguato per fuoco amico] di Avellino, fu compiuta
una corsa su Avellino, per andare alla ricerca di quelli che già facevano parte di Potere
Operaio, a trovarne una parte a Napoli, una parte ad Avellino. E l’identificazione – di-
rei – divenne molto più celere, molto più facile, proprio perché nel giro di ore (non nel
296 giro di giorni o di settimane – come sarebbe accaduto con i soliti comparti stagni – ma
nel giro di ore) la lettura degli atti, la lettura dei precedenti, ed inquadrata origine e
matrice, tutto consentì di giungere facilmente all’identificazione dei responsabili di
quella strage. Ci fu il fatto anomalo di Ceriani Segrebondi che si presentò a Latina a
ritirare una macchina che era servita per il gravissimo attentato. Ebbene, fu anche la
L’operazione prevedeva (siccome Azzolini tutte le mattine era costante nei comportamenti, e alle
8,30 o alle 9 scendeva per comprare il giornale) che facessimo “sparire” Azzolini in mezzo alla
strada per togliere una fonte di fuoco in più, e si intervenisse, poi, contemporaneamente sui tre
covi. Così è andata, è stato preso, aveva la pistola nel borsello, è stato portato via e contempora-
neamente per radio è stato dato il via ai citati tre obiettivi. In uno purtroppo c’è stato un conflitto
con il Savino, per cui quanto doveva rimanere riservato per consentire a noi di occupare tre covi e
di attendere ulteriormente, diventò immediatamente oggetto di notizia per la stampa; e abbiamo
dovuto immediatamente dare il via a tutto il resto.
Nel covo di via Monte nevoso intervenne immediatamente il Dottor Pomarici, nella stessa giornata,
mentre altri Magistrati s’interessavano del nostro ferito, del Savino, in ospedale. Il Dottor Pomarici
andò direttamente lì; nessun altro in quella giornata mise piede in quel covo se non il Magistrato
Pomarici. Quando la sera seppi che c’era anche il carteggio relativo alla vicenda Moro, informai
direttamente il Dottor Gallucci perché la circostanza lo interessava come fatto di Roma e feci in
modo che nessuno entrasse prima e che comunque ci fosse anche Gallucci. Infatti, entrammo
insieme: Dottor Gresti, Dottor Gallucci ed io. Rimanemmo un’ora, vedemmo di cosa si trattava,
uscimmo e, da quel momento, tutto fu nelle mani della Magistratura. Quindi non vedo come la
solfa, chiedo scusa per questi termini, la storia dell’infiltrato che entra prima, che vede le borse,
che le porta fuori, le porta a fare veder all’Onorevole Andreotti e l’Onorevole Andreotti stabilisce
quello che è segreto di Stato […] Ho portato con me, ma penso che sia di domino della Com-
missione, i giornali della prima decade di ottobre: dal mio riserbo sono nate le fantasie più varie:
che avevo Moretti nella mia caserma, che stavo usando il pentotal per farlo parlare, che un aereo
era volato durante la notte portando un pacco. Sono storie smentite dagli interessati, dal Dott.
Pomarici da una parte, che a “Lotta Continua” ha dichiarato quello che ha detto qua, fin dal 7
o 8 del mese di ottobre, Andreotti smentì per la parte sua, il Ministero dell’Interno smentì. Non
so perché a distanza di anni si possa dar credito a gente che normalmente penso abbia qualche
gradazione in meno della credibilità cui io aspiro».
22 L’8 novembre 1978, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone, Dott.
Fedele Calvosa, fu ucciso mentre, dalla sua casa di Patrica, si stava recando in ufficio a bordo
della Fiat 128 di servizio condotta da Luciano Rossi, un autista civile del Ministero di Grazia e
Giustizia, che da poco aveva sostituito nel compito l’Agente di Custodia Giuseppe Pagliei, peraltro
presente anch’egli sull’auto per affiancare il più giovane collega e dargli indicazioni. All’altezza di
un incrocio, tre uomini armati di pistole e mitra, si pararono dinanzi l’autovettura del Magistrato
e aprirono il fuoco. Il primo a cadere fu l’Agente Pagliei, poi cadde il Dott. Calvosa. Luciano
Rossi, ferito, tentò di fuggire, ma fu scorto da uno degli attentatori e finito con un colpo al volto.
Dalle armi dei suoi compagni fu ferito anche uno degli assalitori. L’attentato fu rivendicato e
addebitato dagli inquirenti all’organizzazione «Formazioni Comuniste Combattenti» che, in
collegamento con «Prima Linea» e le «Brigate Rosse», stava conducendo una feroce campagna
contro i rappresentanti delle Forze dell’Ordine e della Magistratura. Sito dell’Associazione Italiana
Vittime del Terrorismo.