Page 307 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il periodo da Coordinatore del servizio di sicurezza
indiretta di essere qui sentiti, quindi di spiegare l’onore che ci fate ascoltandoci. Noi
siamo sempre intervenuti pubblicamente per difendere l’onore e la professionalità
dei Carabinieri che hanno operato e per difendere l’onore e la professionalità di chi
non può più difendersi: mi riferisco al Generale dalla Chiesa. Noi siamo intervenuti
per difendere la correttezza e l’operato degli organi di polizia giudiziaria, che hanno
onorato le Istituzioni».
Sempre in ordine al c.d. «Memoriale Moro», il Dott. Pomarici soggiunse: «Ripren-
dendo la sua domanda sul famoso discorso delle carte, vorrei smitizzare questo ar-
gomento. In via Monte Nevoso, che era la più importante base della Walter Alasia,
vi erano solo copie, così come in tutte le altre basi delle colonne italiane delle Brigate
Rosse dell’epoca. Il materiale Moro, infatti, costituiva materiale di studio per tutti
i brigatisti clandestini, cioè per i regolari. Si trattava di copie dattiloscritte. Per cui
la presenza, l’assenza o l’eventuale sparizione di alcune di quelle carte non avrebbe 303
garantito nulla a nessuno. Non si trattava di esemplari unici, di originali, per cui
una volta sottratti si sarebbe avuta la certezza che non ne sarebbe stata trovata mai
più alcuna traccia. Erano battiture fatte con carta carbone… Quelle trovate dentro
il muro (n.d.r. si riferisce alla documentazione rinvenuta nel 1990) rappresentano
un altro discorso che se volete posso farvi ampiamente. Anche quelle erano copie
o meglio fotocopie. Non c’era nessun originale. Non vedo che utilità possa avere
sottrarre la copia di un originale che non si sa dove sia, ma si sa che nelle mani di
persone dichiaratamente nemiche dello Stato».
Passiamo ad esaminare, ora, le dichiarazioni rese in proposito, il 21 gennaio 1998, dal
Generale dei Carabinieri Nicolò Bozzo, all’epoca dei fatti Coordinatore delle Sezioni
Speciali Anticrimine della 1^ Divisione Carabinieri di Milano (Italia settentrionale),
diretto superiore del Cap. Arlati, l’Ufficiale che aveva diretto le indagini che porta-
rono alla scoperta del covo di via Monte Nevoso in Milano, più volte citato dal Dott.
Pomarici nella sua audizione. Rispetto alla descrizione – introdotta dal Presidente
Pellegrino – di quattro differenti versioni (quella fornita dal Generale dei Carabinieri
Manlio Morelli, all’epoca dei fatti Capo di Stato Maggiore della Divisione «Pastren-
go», quella del Gen. dalla Chiesa, una terza riportata nel rapporto che i Carabinieri
del Reparto Operativo di Milano consegnano al PM, Dott. Pomarici, la quarta è
quella riportata dalla Questura di Roma all’Ufficio Istruzioni presso il Tribunale di
Roma trascrivendo un telex ricevuto dalla Questura di Milano), il Gen. Bozzo rispose:
[…] Le cose sono andate grosso modo come ha detto dalla Chiesa […] Dunque, io
informai dalla Chiesa di questa operazione il 10 agosto a Roma, perché in quella data
lui convocò tutti i Capi (n.d.r. dei Carabinieri) dell’antiterrorismo – eravamo in tre, uno
a Milano, uno a Roma e uno a Napoli – nel suo ufficio di Coordinatore dei servizi di
sicurezza e degli istituti di prevenzione e pena (n.d.r. il 10 settembre successivo assumerà
anche l’incarico di coordinamento antiterrorismo, per il quale era già stata formalizzata
la nomina al momento della riunione alla quale si riferisce il Gen. Bozzo). Mi chiese
cosa stavo facendo a Milano e gli dissi che stavamo conducendo un’operazione che
forse poteva portare a qualcosa di solido. Lui mi ascoltò e mi disse di tener presente
che non bisognava andare a cercare il covo o il covetto, ma poiché eravamo pochi
dovevamo cercare i capi. Se volevamo risolvere il problema e tagliare il fenomeno alle
radici, dovevamo catturare i vertici quando si riunivano: era quello il suo obiettivo, cioè
sorprendere una direzione strategica in riunione, fare un’irruzione e catturarli tutti […]
Io cominciai ad informarlo quando identificammo Azzolini: al generale però dissi non
che era certamente Azzolini, ma che poteva identificarsi in lui. Allora – ed eravamo già
ai primi di settembre (1978) – il generale cominciò a dimostrare un certo interesse […]
dalla Chiesa cambiò completamente opinione quando gli dissi che c’era la Mantovani
in giro a Milano e che frequentava via Monte Nevoso, perché la Mantovani era entra-