Page 312 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
spiccava proprio quella di Peci. A soli 25 anni veniva considerato una delle persone
più pericolose d’Italia.
Cresciuto a San Benedetto del Tronto (AP), sulla costa adriatica, in una tranquilla famiglia
operaia, ove il papà era muratore e la mamma cuoca, con due sorelle e un fratello, all’età
di 17 anni visse l’esperienza del naufragio del motopeschereccio Rodi, della flottiglia di
imbarcazioni* di stanza a San Benedetto, durante il quale l’intero equipaggio, quasi tutto
originario della località balneare, perse la vita. Alle dichiarazioni pubbliche dell’armatore
di non voler recuperare dal fondo del mare l’imbarcazione con le salme dei marinai, a San
Benedetto del Tronto esplose una protesta di massa. I pescatori in rivolta bloccarono il porto
e la stazione ferroviaria. Anche Patrizio Peci, frequentatore di un istituto tecnico, si unì alla
protesta, maturando una convinzione rivoluzionaria che intendeva portare anche nella sua
città. Con un gruppo di amici fondò il gruppo dei «Proletari Armati in Lotta» (PAiL) che
308 non nascondevano la loro ammirazione per le prime azioni delle Bierre e vagheggiavano
in qualche modo di emularle, incendiando qualche auto o pestando qualche estremista
di destra. Le Forze di Polizia ricordavano che egli non si tirava indietro quando c’era da
scontrarsi con i suoi avversari politici e cominciarono a tenerlo d’occhio. Nell’autunno del
1974 maturò l’idea di avvicinarsi ai centri metropolitani ove cominciavano a combattersi le
battaglie più dure dell’azione rivoluzionaria di sinistra, trasferendosi a Milano per lavorare
in fabbrica. Sarà Mario Moretti a introdurlo nelle Brigate Rosse, facendogli rivestire ruoli
sempre più attivi nelle attività eversive condotte a Milano e provincia. Patrizio Peci guada-
gnò la stima e la considerazione dei suoi compagni e ottenne l’autorizzazione a creare un
comitato rivoluzionario nella città di origine. Tornò pertanto a San Benedetto del Tronto,
trovò impiego in un albergo e iniziò l’opera di reclutamento tra i suoi vecchi amici. La sua
prima azione fu un’irruzione dimostrativa all’interno della Confapi, l’associazione delle
piccole imprese, ove venne lasciata per la prima volta in quella città la firma delle BR. La
riuscita dell’operazione lo convinse della possibilità di alzare il tiro e, dopo aver acquisito
delle armi da fuoco da un vecchio partigiano, le nascose in un appartamento in ristruttu-
razione, situato in via Ambrosini, del quale suo padre, muratore, aveva la disponibilità per
l’esecuzione dei lavori. Ma, a causa dell’inesperienza dei suoi complici che evidentemente
non riuscirono a tenere segreta l’attività del nascente nucleo terroristico, i Carabinieri del
posto vennero a sapere di questo nascondiglio facendovi irruzione. Tale imprevisto indusse
Patrizio Peci a passare in clandestinità. Sapeva di essere ricercato e, come dirà anni dopo
a Sergio Zavoli che lo intervistava, senza poter disporre di nulla, senza affetti, tornava
a Milano per diventare organico alle Brigate Rosse, con il nome di battaglia «Mauro»,
legandosi anima e corpo all’organizzazione terroristica.
Nel 1977, la contestazione studentesca raggiunse l’apice. Migliaia di giovani si ro-
vesciarono nelle piazze italiane suscitando la violenta reazione dello Stato e delle
Forze di Polizia. Agli studenti si unirono gli operai che cercavano di contrastare la
politica sociale ed economica del governo. La più grande azienda italiana, la Fiat,
diventò l’obiettivo principale della contestazione. Nell’ambito della ridislocazione dei
brigatisti tra le tre principali città del nord-ovest, Milano, Genova e Torino, Patrizio
Peci finì in quest’ultima, sede della fabbrica automobilistica e, dopo soli tre mesi,
prese parte alla sua prima azione violenta, la gambizzazione di un capo operaio
della Fiat, accusato di maltrattare i suoi colleghi, esplodendogli contro otto colpi di
pistola. Nell’arco di tre anni parteciperà a 7 omicidi e decine di ferimenti. Il Paese,
intanto, sprofondava in uno dei periodi più bui della sua storia.
* San Benedetto del Tronto, unitamente alla sua flottiglia di pescherecci, si incrocia una seconda
volta con il destino del Gen. dalla Chiesa come ampiamente trattato nel 1° capitolo di questo
volume, fu proprio un giovanissimo Ten. dalla Chiesa, Comandante di quella Tenenza Carabinieri,
a mettere in salvo i pescherecci di San Benedetto la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943, sottraendoli
ai nazisti che intendevano requisirli ed affidandoli al Guardiamarina Giovanni Nebbia che li
condusse fino alle Isole Tremiti.