Page 45 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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che doveva cercare, sul tavolino di un bar. Il pezzo di carta fu attentamente
analizzato dal Servizio informazioni dello Stato in cui il fiduciario operava: il
nome dell’agente fu così scoperto e ‘bruciato’ per una semplice ma gravissima
leggerezza.
L’addestramento richiedeva un certo periodo, solo al termine del quale
l’agente poteva iniziare ad essere impiegato. Un buon periodo di addestra-
mento era utile anche per conoscere il prescelto: carattere, passioni, debolezze.
Avere il quadro psicologico dell’agente consentiva di valutare meglio le notizie
fornite nel corso del suo lavoro; le informazioni dovevano essere soggettive e
rispondevano, oltre che all’intelligenza, anche ai condizionamenti del proprio
livello sociale, della propria educazione e formazione.
Tripiccione faceva l’esempio degli ‘irredenti’ utilizzati come agenti durante
la prima guerra mondiale: erano stati utilissimi dal punto di vista della loro
fedeltà e conoscenza dei luoghi, ma spesso avevano perso di vista l’obiettività
e la valutazione dei fatti, perché troppo coinvolti emotivamente sul territorio
del quale dovevano riferire.
Le scuole per informatori dovevano avere essenzialmente un carattere
pratico. Bisognava inculcare negli individui due principi fondamentali: quel-
lo della segretezza e quello della minuziosità delle indagini, perché uno dei
danni maggiori era quello che proveniva da informazioni incerte, vaghe, sulle
quali non era possibile fare affidamento. Una volta sul campo, l’agente dove-
va essere oggetto di un costante controllo da parte degli organi del Servizio:
diversamente, nell’arco di un breve lasso di tempo e per un fenomeno asso-
lutamente naturale, avrebbe iniziato a rendere sempre meno, a volte inviando
notizie frutto della sua sola fantasia. Il controllo era necessario perché si dove-
va sempre temere il doppio gioco dell’agente (concetto più volte ripetuto)! Il
modo migliore di eseguire quel controllo era di avere con l’agente frequenti
contatti, chiamandolo a riferire personalmente, affidandogli delle indagini an-
che su questioni già molto note…
Dove era proficuo infiltrarsi? Consolati e ambasciate estere; camere di com-
mercio, ditte industriali, enti turistici, istituti di cultura, organizzazioni di emi-
granti, istituzioni di beneficenza (scuole all’estero e istituzioni di soccorso),
rappresentanze di Case automobilistiche; non erano escluse le Istituzioni sta-
tali e parastatali!
Agli agenti che risiedevano a lungo in un territorio, divenendo così agenti
fissi, era utile sottoporre dei questionari, anche generici, sia per avere notizie
sempre attuali sia per tenerli sotto controllo con continui incontri, tramite fidu-
ciari accorti, sempre nell’ottica che l’ufficiale del S.I.M. doveva evitare contatti
diretti con gli agenti. Questi dovevano rispondere per iscritto punto per punto o
riferirne a voce.
Quello che all’epoca Tripiccione non sapeva, era che molto, troppo spesso
questi questionari cadevano in mani nemiche (ma anche di alleati ‘curiosi’)
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