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334 XXXIV Congresso della CommIssIone InternazIonale dI storIa mIlItare • CIHm
Comando Supremo per collaborare negli acquisti di minerale e per coordinare i rapporti con
le società Ilva e Brioschi, vigilando principalmente sugli acquisti e sul traffico di Wolframio.
agevolato dalle sue conoscenze sulla Spagna e sugli spagnoli, Castelli redasse numerose re-
lazioni nelle quali analizzava la situazione economica e politica, interna ed estera, spagnola.
Tra le altre cose, considerava che l’impegno degli alleati nel Paese non corrispondesse mini-
mamente alla realtà di quest’ultimo, criticando duramente l’attitudine di inglesi e francesi i
quali, a suo giudizio, trattavano la Spagna come se fosse stata una colonia. Alla fine del 1917,
i servizi di informazione italiani ottennero la volontaria collaborazione dell’italiano Bertona,
nome in codice Juan, che lavorava come Direttore in uno dei migliori alberghi di Siviglia:
il Gran Hotel Madrid. Tra tutte le collaborazioni per i servizi d’informazione, volontarie o
a pagamento, una delle più apprezzate era generalmente quella che aveva a che fare con gli
istituti alberghieri: la quantità d’informazioni che si potevano ottenere attraverso quel canale,
di forma aperta o clandestina, era di massima importanza.
Nonostante tutto, la rete della parte atlantica dell’Andalusia continuò ad essere priva di
una struttura vera e propria fino al gennaio 1918, quando si decise, sempre grazie all’impe-
gno della collaborazione volontaria, di creare un Ufficio dell’Addetto Navale con identità
e sede propria posta nel centro della città di Siviglia. e uno dei migliori agenti segreti che
l’Italia ebbe in Spagna, Angelo Ghirelli, fu colui che ebbe l’incarico di dirigere tempora-
neamente quell’operazione. Entrano subito a far parte dell’ufficio: Castelli de la Vinca, il
quale, presente in ufficio tutte le mattine, si sarebbe occupato di fare una sintesi della stampa
e di raccogliere le indicazioni del lavoro da portare a termine; l’agente consolare d’Italia in
città, Ferrazzano, insieme al figlio, assunto come informatore; Enrico Beati, un parmigiano
residente a Siviglia fin da prima che scoppiasse la guerra, traduttore e professore di lingue
(italiano, inglese, francese, tedesco e latino), che avrebbe collaborato come informatore oc-
casionale e di certo un personaggio peculiare, membro di una setta di teosofia orientalista
alla quale appartenevano numerosi tedeschi, considerato molto utile a patto di prendere tutte
le debite precauzioni. Alcune settimane dopo la creazione dell’ufficio, accettò di collabo-
rarvi in maniera volontaria anche Mario Colombo, nome in codice Cristoforo, un ingegnere
di origini genovesi ma residente in Spagna dal 1902 e che svolgeva l’incarico di Direttore
dell’impresa di prodotti chimici Cros, con sede a San Juan de Aznalfarache, rifornitrice dello
Stato spagnolo per la fabbricazione di esplosivi. Grazie al suo impiego, Colombo aveva faci-
lità di contatti con le fabbriche di esplosivo spagnole, delle quali si offrì di fornire dati, oltre
a mettere qualcuno dei suoi impiegati a disposizione dei servizi italiani. inoltre, conosceva ed
aveva rapporti con buona parte della colonia tedesca di Siviglia e dei villaggi circostanti, così
come con molti degli spagnoli che egli considerava filogermanici e sospettati di collaborare
con i tedeschi. Quindi, in virtù di tutto ciò, Colombo era dotato ampie possibilità di indagare
e di acquisire informazioni senza sollevare sospetti.
Un’altra utile adesione “volontaria” fu quella del salernitano Martuscelli, stabilitosi già
da molti anni a Siviglia, proprietario di un negozio di antiquariato che gli garantiva buone
relazioni con alberghi e ristoranti e che, col pretesto di vendere antichità, gli consentiva di
muoversi ovunque senza suscitare sospetti. infine, da Siviglia dipendeva anche Huelva, città
nella quale l’Italia contava con un Agente Consolare interino, Alessandro Corsi, che intro-
dusse nella rete dei volontari il cognato William Manito, nome in codice Ito, e quest’ultimo, a