Page 335 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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sua volta, contrattò uno spagnolo con il compito di vigilare il porto in cambio di una modesta
somma di denaro.
L’aver concentrato la nostra attenzione su queste regioni spagnole non significa che nel
resto della comunità strettamente civile non vi sia stata una significativa partecipazione allo
sforzo militare italiano. La differenza fondamentale consiste nel fatto che pressoché in tutto
il Levante spagnolo la rete intessuta, fondamentalmente, dal servizio di informazione della
Marina fu più vigorosa, più solida. E d’altro canto è superfluo dire che l’attività svolta a
Barcellona, e in tutta la Catalogna in generale, fu superiore, e con differenza, a quella di
qualunque altra città o regione spagnola e, oseremo dire, persino europea. Un numero signifi-
cativo di italiani parteciparono allo sforzo bellico dalla Spagna contribuendo, anche volonta-
riamente, con importanti quantità di denaro, senza il quale sarebbe stato assai più complicato
di quanto non sia comunque stato sostenere tutto il sistema operativo connesso ai servizi
d’informazione in Spagna. Fu ad esempio il caso dei Commendatori della Corona d’Italia,
barcellonesi d’adozione, Avversari e Pietro Pegorari, i quali apportarono con regolarità – e
certamente più il primo del secondo – importanti quantità di pesetas alla così detta “cassa
speciale” che era destinata a finanziare le attività di controspionaggio e le operazioni di pro-
paganda; oppure il caso di Giuseppe Pessenda, Presidente del Comitato di Assistenza alle
famiglie dei combattenti e della Croce Rossa italiana, con sede nella Casa degli Italiani di
Barcellona; o quello dell’avvocato “madrileno” Pietro Ramognino, un alto funzionario della
Navigazione Generale Italiana, Direttore per la Spagna della Cassa Navale e d’Assicurazio-
ni e proprietario dell’impresa La Comercial S.A.; o dei contributi di numerosi commercianti
i quali, oltre a rifornire di diverse mercanzie per l’approvvigionamento, legale od illegale,
dell’Italia, concorsero a loro volta allo sforzo finanziario, come nel caso del polemico Enrico
Maggio – anch’egli informatore volontario – e di Giulio Bertoldi, entrambi residenti a Ma-
laga, e di Bussone Maffioli, proprietario del Gran Hotel Cuatro Naciones di Barcellona; o,
infine, nel clamoroso caso, unico nel suo genere in Spagna, dei fratelli Antonio e Riccardo
Tayá, proprietari della compagnia di navigazione Hijos de José Tayá, che misero la loro flotta
a completa disposizione del Governo di Roma, realizzando un vero e proprio ponte marit-
timo Barcellona-Genova a prezzi sempre inferiori a quelli di mercato, oltre a donare grandi
quantità di denaro per ospedali da accampamento, acquisto di letti, strumentazione medica,
contribuendo al sostegno dei ricoveri per gli orfani di guerra, fino addirittura – se tutto ciò
non bastasse – a mettere a disposizione della propaganda italiana il loro giornale La Publi-
cidad. Quindi non dovrà certo apparir insolito che entrambi i fratelli siano stati nominati
Commendatori della Corona d’Italia.
In conclusione, fu efficace e utile l’azione dei volontari? Lo fu, e anche molto, nella mi-
sura in cui le loro attività portarono a termine anzitutto le direttive impartite, di volta in volta,
a Filippo Camperio dal Capitano di Vascello Ugo Conz, capo dell’Ufficio IV dello Stato
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maggiore della Marina :
“L’interesse italiano in Spagna si sintetizza nella frase seguente (per quanto riguarda il servizio
informazioni) Mettere il nemico nella impossibilità di nuocere. Credo che come in altri paesi neu-
24 Vid. AUSSMM, b. 1277, nº 3746, Stato Maggiore della Marina, Capo del IV Reparto, all’Addetto Navale a
Madrid, Roma, 11 marzo 1918.