Page 85 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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          possibile», e del resto il «partigiano moderno non si aspetta dal nemico né diritto né pietà» .
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             Tra il 1815 ed il 1914 il sistema internazionale fu sostanzialmente governato dal «con-
          certo europeo» delle Grandi Potenze, con momenti di maggiore o minore collaborazione e
          consapevolezza di appartenere ad una comune «società europea» e, nella fase finale, una
          crescente difficoltà a contenere le rivalità e le spinte nazionaliste. L’ideologia, in questo ca-
          so i principi di libertà e di nazionalità, almeno fino all’unificazione italiana, giocò un ruolo
          importante, ma comunque sempre accanto ai classici principi della politica di potenza, tanto
          che la grande esplosione rivoluzionaria del 1848-‘49 non turbò la pace tra le Grandi Potenze.
          Le guerre di quel secolo furono brevi, limitate ad alcune Potenze e non ebbero conseguenze
          a livello sociale: «Before 1914 war was almost universally considered an acceptable, perhaps
          an inevitable and for many people a desirable way of settling international differences, and
          the war generally foreseen was expected to be, if not exactly frisch und fröhlich, then cer-
          tainly brief; no longer, certainly, than the war of 1870 that was consciously or unconsciously
          taken by that generation as a model» .
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             La prima guerra mondiale iniziò come un classico conflitto per ragioni di potenza, ma
          assunse sempre più un carattere anche ideologico . La Grande Guerra, così lunga, cruenta,
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          totale, levatrice di sconvolgimenti politico-sociali immani, diversa dai conflitti brevi e non
          generali del secolo XIX, introdusse nuovi modi di pensare. Durante quel conflitto sorsero tre
          tipi di «nuove diplomazie», la wilsoniana, la bolscevica, la pontificia contemporanea, che
          tutte ripudiavano, più o meno in buona fede, la guerra. In realtà solo la Chiesa avrebbe poi
          mantenuto fede ad una posizione che per brevità, ma con imprecisione, si potrebbe definire
          «pacifista» . al culmine delle illusioni relative al nuovo concetto di sicurezza collettiva , la
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          guerra fu messa ingenuamente “fuorilegge” dal noto patto Kellogg-Briand del 1928, il cui
          art. 1 recitava: «The High Contracting Parties solemnly declare in the names of their respecti-
          ve peoples that they condemn recourse to war for the solution of international controversies,
          and renounce it, as an instrument of national policy in their relations with one another»,
          ammettendo quindi solo la guerra dichiarata dalla comunità internazionale contro un paese


          23   C. Schmitt, Teoria del partigiano. Integrazione al concetto del politico, Milano, 2005 [I ed., Berlino, 1963],
              pp. 53 e 20-21.
          24   Howard, The causes of wars …, cit., p. 9; stesso giudizio in A. J. P. Taylor, The struggle for mastery in Eu-
              rope: 1848-1918, Oxford, 1954, pp. 529-30.
          25   essa «cominciò come una guerra convenzionale propria del diritto internazionale europeo e si concluse con
              una guerra civile mondiale dell’inimicizia di classe rivoluzionaria» (Schmitt, Teoria del partigiano, cit., pp.
              131-32).
          26   La Chiesa è «pacificatrice» non «pacifista», ed il suo Magistero ha riaffermato ancora recentemente la tra-
              dizionale dottrina della «guerra giusta». Al riguardo cfr. Catechismo della Chiesa cattolica. Testo integrale
              e commento teologico, a cura di Mons. R. Fisichella, Casale Monferrato, 1993, pp. 426-27 e Pontificio
              Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano,
              2004, nn. 500-502; per un esame del problema cfr. R. de Mattei, Guerra santa guerra giusta. Islam e Cris-
              tianesimo in guerra, Casale Monferrato, 2002, P. Corrêa de Oliveira, Nobiltà ed élites tradizionali analoghe
              nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana, Milano, 1993, Documenti, XI, Il pensiero
              di Papi, Santi, Dottori e Teologi sulla liceità della guerra, la parte terza, La Chiesa, i militari e la guerra, di
              M. de Leonardis, Ultima ratio regUm. Forza militare e relazioni internazionali, I ristampa, Bologna, 2005.
          27   Per una definizione del quale cfr. F. Andreatta, Istituzioni per la pace. Teoria e pratica della sicurezza collet-
              tiva da Versailles alla ex Jugoslavia, Bologna, 2000, pp. 25-26.
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