Page 156 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 156
una luce favorevole di fronte al popolo tedesco, nel quale andavano crescendo i se-
gni del malcontento per il mancato intervento dell'alleato.
L'Italia - si sarebbe potuto affermare - era rimasta in disparte non perché
«tradiva» l'alleato ma per poter svolgere un'azione che sarebbe andata a vantaggio
del popolo tedesco, al quale sarebbe stata risparmiata una guerra lunga e di esito
incerto, mentre la Germania avrebbe visto riconosciuti in sede di negoziato i frutti
della sua vittoria sulla Polonia con il recupero di Danzica e degli altri territori abita-
ti da popolazione tedesca.
In effetti, una pace di compromesso poteva apparire tutt'altro che impossibile
nella fase iniziale del conflitto, quando era ancora in atto la cosiddetta «guerra non
combattuta» che vedeva una stasi totale delle operazioni sul fronte franco-tedesco,
un'attività aerea che si esauriva nel lancio di manifestini in territorio nemico e, sul
mare, degli scontri che, se si eccettua l'affondamento della Graf von Spee nel dicem-
bre, restavano di limitata entità. Insomma, tra Germania e Potenze occidentali non
era stato versato del sangue che impedisse una riconciliazione. E a questo fatto -
di importanza fondamentale - si aggiungeva la constatazione che a Parigi e a Lon-
dra erano al governo gli stessi uomini che un anno prima, a Monaco, avevano prefe-
rito cedere piuttosto che combattere e che in Francia l'opinione pubblica era divisa
e si mostrava più desiderosa di trovare una soluzione pacifica che di còntinuare una
lotta la cui fine appariva lontanissima.
In queste condizioni, era logico che Mussolini considerasse attuabile una me-
diazione e che ad essa guardasse come ad una soluzione vantaggiosa che avrebbe
consentito all'Italia di uscire da una situazione estremamente difficile e avrebbe da-
to a lui un successo politico di prestigio, utile anche sul piano interno.
È perciò di grande interesse accertare il momento in cui Mussolini cessò di
considerare possibile una pace negoziata perché quello fu anche il momento in cui
venne meno l'unica alternativa all'intervento da lui considerata veramente valida.
Su questo punto, però, le opinioni degli storici sono molto diverse. Per alcuni,
Mussolini considerò impossibile una mediazione già a partire dall'ottobre 1939, do-
po il falliniento della cosidetta offensiva di pace tedesca. Per altri, egli continuò a ·
sperare in una pace di compromesso fin quasi alla vigilia dell'attacco tedesco sul
fronte occidentale. A mio parere, le sue speranze andarono declinando lentamente
e si spensero del tutto nel marzo 1940, dopo i colloqui con von Ribbentrop e con
Hitler che cancellarono ogni dubbio circa la decisione dei tedeschi di risolvere il
conflitto con la forza delle armi.
Parallelamente, l'intervento in guerra a fianco della _Germania diventava per
Mussolini la soluzione più desiderabile alla quale veniva spinto da tutta una serie
di motivi.
Innanzitutto, perché la guerra in atto rappresentava l'occasione irripetibile per
realizzare gli obiettivi storici che il fascismo aveva posto al Paese e sui quali si era
tornati di recente con maggiore insistenza: la supremazia nel Mediterraneo ed il
controllo dei suoi sbocchi, premesse necessarie perché l'Italia potesse consolidare
la sua posizione di grande Potenza, mettendosi anche in grado di meglio resistere
alla supremazia continentale della Germania. E - cosa considerata non meno im-
portante - quegli obiettivi il popolo italiano doveva conquistarli con il proprio san-
gue perché solo attraverso il sacrificio si sarebbe forgiato l'italiano nuovo voluto del
fascismo.
154