Page 161 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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si fosse convenuto sulla necessità di conservare la pace per un lungo periodo di tem-
po e il modo in cui l'Italia era stata tenuta all'oscuro fino all'ultimo delle trattative
tedesco-sovietiche per il patto di non aggressione. L'impressione fu profonda perché
era la prima volta che, messi da parte i consueti schemi propagandistici, si parlava
ufficialmente di divergenze tra i Paesi dell ~se.
A pochi giorni di distanza, un altro avvenimento suscitò scalpore: la visita che
i Sovrani italiani, accompagnati da Ciano, fecero in Vaticano. Vittorio Emanuele
III, notoriamente anticlericale, in Vaticano c'era stato una sol~ volta in vita sua, die-
ci anni prima in occasione dei Patti Lateranensi. L'avvenimento aveva quindi un ca-
rattere di eccezionalità che attirava l'attenzione e si tingeva poi di significato antite-
desco per il momento in cui aveva luogo, quando cioè più forte si faceva la tensione
tra Germania e Vaticano a causa delle persecuzioni contro i cattolici nelle diocesi
tedesche e nella Polonia occupata. L'aspetto politicamente più rilevante fu dato, co-
munque, dal discorso del Pontefice - presumibilmente approvato in precedenza dal
Re- in cui era contenuto un appello pressante perché all'Italia fossero risparmiati
gli orrori della guerra. Ne derivò la convinzione che Corona e Vaticano agissero di
concerto in favore della neutralità e che le forze ostili all'intervento stessero guada-
gnando terreno.
In sede di ricostruzione storica, il momento culminante della crisi itala-tedesca
è stato collocato, da molti, ~gli inizi del1940 quando Mussolini inviò a Hitler una
lettera, rimasta famosa, nella quale affermava addirittura che la Germania stava
combattendo contro un nemico sbagliato perché i veri nemici non erano la Francia
e la Gran Bretagna ma l'Unione Sovietica e il comunismo. Ed aggiungeva, poi, di
non credere che la Germania fosse in grado di vincere la guerra perché ad impedire
la sconfitta delle Democrazie sarebbero intervenuti gli Stati Uniti, per cui l'unica
soluzione era una pace di compromesso basata su la ricostituzione di una Polonia
indipendente nei suoi confini etnici.
Credo di essere stato il primo, molti anni fa, ad osservare che il significato di
questo documento non poteva essere compreso se ci si fermava ad una interpretazio-
ne letterale. Le affermazioni che vi erano contenute apparivano.infatti in contrasto
con le opinioni espresse in precedenza da Mussolini e con gli obiettivi della sua po-
litica: i dubbi circa le possibilità di vittoria della Germania non si conciliavano con
.la sua convinzione che la Germania avesse una superiorità militare e morale, così
come non appariva credibile che ora egli riconoscesse un valore decisivo agli Stati
Uniti ai quali aveva sempre assegnato un'importanza secondaria negli affari europei
per il prevalere dell'isolazionismo nell'opinione pubblica americana. E c'era poi da
osservare che l'Italia fascista era interessata ad una guerra contro le·Democrazie oc-
cidentali (verso le quali avanzava le sue rivendicazioni) e contro l'Unione Sovietica
alla quale non aveva niente da chiedere. Tanto è vero che più tardi, sul· fiQire del
1942, quando per le Potenze dell~sse si pose il problema di chiudere uno dei fronti
con una pace di compromesso, Mussolini doveva proporre di concludere la pace con
l'URSS per continuare la guerra ad occidente.
In realtà, la lettera non va considerata come l'espressione di un dissenso che
stesse portando le Potenze dell~se verso la rottura. Essa aveva soltanto un valore
strumentale, costituiva un estremo tentativo per bloccare un'offensiva tedesca ad
occidente che - Mussolini lo sapeva - era allora imminente (fu poi rinviata per
le cattive condizioni atmosferiche). Se l'attacco aves~e avuto luogo, l'Italia sarebbe
rimasta tagliata fuori: una pace negoziata sarebbe divenuta ~mpossibile e l'imprepa-
razione militare impediva un intervento. ·
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