Page 163 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Innanzitutto va rilevato che Mussolini prese la decisione di intervenire a fian-
         co della Germania e comunicò tale decisione ai tedeschi senza interpellare o consul-
         tare nessuno,  Sovrano compreso.  I  destinatari del promemoria del 31  ~arzo -  il
         Re, Ciano, Badoglio e i tre Capi di Stato Maggiore- furono informati a cose fatte:
         nessuna possibilità di discutere, solo la comunicazione di una decisione a cui unifor-
         marsi. È la migliore conferma di quanto dicevo all'inizio e cioè che, in fase decisio-
         nale,  fu la volontà di Mussolini a determinare la politica estera italiana durante la
         non belligeranza.
              Seconda osservazione. Il promemoria dd 31 marzo non era soltanto la comuni-
         cazione di una decisione già presa, aveva anche il significato di un invito perentorio
         ad abbandonare la fronda e ad allinearsi senza discutere sulle posizioni del duce:
         da questo momento, atteggiamenti autonomi non sarebbero stati tollerati. Ed il ri-
         chiamo ebbe effetto perché nelle settimane successive molti esponenti del Regime
         si affrettarono ad uniformarsi a questa direttiva. I successi tedeschi nella Campagna
         di Norvegia - che destarono molta impressione a Roma - costituirono poi un'ul-
         teriore spinta in quella direzione.
              Terza osservazione. Nel giugno 1940, l'intervento in guerra dell'Italia fu deter-
         minato dalla convinzione che, dopo le grandi vittorie tedesche nella Campagna di
         Francia, la guerra sarebbe finita nel giro di qualche settimana e che quindi occorres-
         se far presto se  si voleva partecipare alla spartizione del bottino.  Su tutto ciò non
         ci sono dubbi.  Si deve però sottolinare che la decisione di intervenire era stata già
         presa in precedenza, nd marzo: in giugno, fu data esecuzione a quanto era stato già
         deciso.  Improvvisa fu dunque la scelta del momento,  non la decisione di fondo.
              Sulle vicende del maggio-giugno 1940 che portarono all'intervento, gli interro_.
         gativi sono minori. Di fronte .alle spettacolari vittorie tedesche, i fautori della neu-
         tralità cessarono la loro resistenza:  molti si erano convinti che la Germania fosse
         ad un passo dalla vittoria, nessuno ebbe il coraggio di prendere posizione contro
         un intervento che sembrava poter assicurare grandi vantaggi con pochi sacrifici. Il
         «partito antitedesco», cosl forte all'inizio della non belligeranza si dissolse come ne-
         ve al sole. E anche nell'opinione pubblica si verificò un mutamento profondo: il bot-
         tino, un enorme bottino, sembrava a portata di mano e adesso la guerra non faceva
         più paura, perché era convinzione generale che tutto si sarebbe risolto in modo rapi-
         do e praticamente senza spargimento di sangue. Semmai, un pericolo maggiore po-
         teva venire - ora lo pensavano in molti - da una Germania clamorosamente vitto-
         riosa senza l'apporto italiano.
              Questo mutamento repentino nell'atteggiamento delle sfere dirigenti e dell'opi-
         nione pubblica italiana è siato ben sottolineato in sede di ricostruzione storica e in-
         dicato, giustamente, come un fatto di tutto rilievo.  Ma quale incidenza esso ebbe
         sugli avvenimenti? Senza dubbio, il venir meno dell'opposizione interna alla guerra
         e la consapevolezza di avere dietro di sé il consenso popol~ resero più facilé a Mus-
         solini decidere l'intervento immediato. Ma la sua condotta fu determinata dall'anda-
         mento dd conflitto, dalla previsione: di una vittoria rapida e totale: le vicende inter-
         ne italiane giuocarono anche in quel momento un ruolo decisamente marginale.









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