Page 184 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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se, sappiamo che questo è un fenomeno di lungo periodo, che non può essere calco-
lato con il tempo di pochi decenpi. Così crediamo che di fronte al nemico britanni-
CO; che all'epoca possedeva l'impero più grande del mondo nei cinque continenti
del pianeta, ci sia stato anche - come riflesso di un'avvertita complessiva inferiori-
tà -l'idea di affrontarlo con mèzzi e modi moderni, trascurandone altri che invece
la grande esperienza politica e militare imperiale britannica non disdegnava affatto.
C'è poi da aggiungere un aspetto del comportamento militare britanriico -lo spiri-
to aggressivo- che si manifesta, anche nei momenti di inferiorità, con iniziative
offensive minori e· secondarie che, comunque, colpiscono il nemico e mantengono
alto il morale dei combattenti.
D generale Nasi, nelle sue memorie inedite (17), trae spunto dalla Campagna
del Somaliland per la seguente riflessione:
«<n questa situazione, il Comando britannico era sulla stretta difensiva su tutto il
fronte dell'A.O.I. e, in ordine ai concetti della «strategia oceanica», aveva lasciato sui ·
nostri confini desertici pochissime forze di "osservazione"; molto indietro, a qualChe
centinaio di chilometri, nei punti vitali (Altipiano del Kenia, Porto Sudan, Carthoom,
ecc. .. ) teneva riunite le poche forze che aveva disponibili.
E questo, in ordine a quel principio di "strategia oceanica'; che deve applicarsi
anche nei vasti spazi a/riçani o asiatici. Strategia così bene applicata e formulata da
Rommel in Libia, teatri desertici continentali, che "non è mille miglia di deserto -
e di oceano - che importa tenere o meno ... quello che importa è di distruggere lo stru-
mento bellico nemico, ovvero evitare la distruzione del nostro'' e potere così riprendere
l'offensiva.
Da condannarsi, invece, negli spazi desertici (oceanici) la strategia e la tattica ''al-
pina a noi tanto cara ... dovunque'; di non mollare "un pollice di terreno" (18)!».
In A.O.I. ci fu un tentativo di operazione condotta in profondità in territorio
nemica; affidata ad una unità coloniale comandata da un vecchio sperimentato co-
mandante coloniale, il colonnello Rolle. Il colonnello, con il suo gruppo e scorte di
viveri per quattro giorni, attraversò la frontiera del Sudan a nord-est di Kurmuk
ill5 ottobre, diretto su Rosdres, ma fu avvistato dalla ricognizione aerea britannica
. e severamente bombardato a più riprese (19). Il gruppo di Rolle assommava a ben
1.300 uomini, il che fa pensare ad un'azione di una certa importanza; secondo
Mockler, dal punto di vista britannico, era. una mossa improvvisa, pericolosa e ben
preparata (20) .. Sul «ben preparata» ci sarebbe da dire; mentre, infa~ti, non c'è dub-
.bio che ROlle ed i suoi uomini fossero bene preparati, non è plausibile la stessa pre-
. parazione da parte dello Stato Maggiore dell~.O.I., à capo del quale c'era il genera~
le Claudio Trezzani, rinomato stratega di cattedra, ma che non aveva la più piccola
esperienza dell~rica. Concordo con Rovighi, che scrive: «la disavventura del gruppo
sottolineava la difficoltà di operazioni in profondità in simili territori senza adeguata ,
ed accurata organizzazione preventiva di çarattere informativo e logistico» (21). Il gru p-
(17)' Devo alla cortesia dell'amiCo generale C.A. M.O. Angelo Bastiani l'avere ottenuto una copia delle
memorie del generale Guglielmo Nasi, Venticinque anni d'Africa, dattiloscritto.
(18) G. Nasi, op. cit., p. 72.
(19) A. Rovighi, op. cit., vol. l, p. .367.
(20) A. Moc~, op. it, p. 267.
(21) A. Rovighi, op. cit., p. 367.
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