Page 187 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Lo Scacchiere Est dell~.0.1. al mio comando, confinava con la Somalia britannica (ca-
           poluogo Berbera)  e  con la Somalia francese  (capoluogo Gibuti).
               Le forze inglesi (quasi tutte di colore) stazionate nel Somaliland ammontavano a poco·
           più di 10 mila uomini (le riserve e l'aviazione erano ad Aden) e altrettante quelle francesi.
           Gibuti, per altro, verso fine luglio 1940 si schierò ufficialmente col Governo del maresciallo
           Petairi e pertanto non costitul più per l'Italia un obiettivo nemico.
               A mia disposizione, concentrati presso a poco nel triangolo Harrar- Giggiga, avevo cir-
           ca 30 mila uo~ (nella maggior parte truppe indigene ottime; ma per mentalità, addestra-
           mento e  armamento più idoneo alla guerriglia che alla guerra).
               Occorre dire che alla data. della dichiarazione di guerra (10  giugno 1940) l'Inghilterra
           fortemente impegnata in Europa e in Egitto, aveva pochissime forze nel Kenia e nel Sudan
           Anglo Egiziano,  coi quali territori (oltre al  Somaliland)  confinava con 1~.0.1.
               In questa situazione, il Comando britannico era sulla stretta difensiva su tutto il fronte
           dell~.0.1. e, in ordine ai concetti della «strategia oceanica», aveva lasciato sui nostri confini
           desertici pochissime forze di osservazione; molto indietro, a qualche centinaio di chilometri,
           nei punti vitali (altip~ano del Kenia, Porto Sudan, Carthoom, etc.) teneva riunite le poche
           forze  che aveva  disponibili.
               E  questo, in ordine a quel principio di «strategia oceanica», che deve applicarsi anche
           nei vasti spazi africani e  asiatici.  Strategia cosl bene applicata e  formulata da Rommd in
           Libia, in ordine al concetto, che vale per gli oceani, come per i grandi teatri desertici conti-
           nentali, che se non è mille miglia di deserto - o di oceano - che importa di tenere o meno ...
           quello che importa  è di distruggere lo strumento bellico nemico,  OfJVefO evitare la  distruzione
           del nostro» e  potere cosl riprendere l'offensiva.
               Da condannarsi, invece,  negli spazi desertici (oceanici) la strategia e la tattica alpina
           a noi tanto cara...  dovunque,  di non mollare un pollice di  terreno.
               Occupare mille chilometri di territorio desertico, ha· poca importanza, anzi costituisce
           un grande pericolo se non abbiamo distrutto lo strumento militare nemico, risparmiando il
           nostro. E viceversa, perdere mille chilometri, ha relativa importanza, se con quel mazzo pos-
           siamo salvare il nostro strumento militare e avvicinarci alle nostre basi, per riprendere poi
           l'offensiva.
               Naturalmente, i comandanti degli Scacchieri erano alle immediate dipendenze dd vice-
           re duca d~sta. Capo di Stato Maggiore, venuto da poco dall'Italia, era il generale Trezzani,
           uno dei più giustamente quotati generali dello Stato Maggiore italiano.
               La strategia generale, gli obiettivi, le operazioni offensive da fare, erano quindi logica-
           mente di competenza del Comando in capo, nel quadro degli ordini e direttive che potessero
           ricevere dal Comando Supremo in Italia (Mussolini, come noto, aveva assunto il comando
           di tutte le forze di terra, di mare, dell'aria. Capo di Stato Maggiore Generale era il marescial-
           lo Badoglio).
               In questo quadro io ebbi l'ordine di studiare una operazione offensiva per l'occupazio-
           ne del Somaliland britannico. Per gli altri Scacchieri veniva studiata una operazione nel Su-
           dan anglo-egiziano (scacchiere nord) e una operazione nel Kenya (scacchierè sud). Ma poi,
           daccordo col Comando Supremo, si ritenne di scartare questi ultimi obiettivi (Sudan e Ke-
           nya), troppo lontani e troppo impegnativi, e di limitarsi al Somaliland (anche perché, si dice-
           va ufficialmente, che la guerra sarebbe durata tre mesi!!!).
               Ebbi pertanto l'ordine di tutto predisporre e dare corso al più presto possibile all'opera-
           zione,  non appena chiarita la situazione di Gibuti di cui ho accennato innanzi.
               n 18 agosto a sera (e cioè dopo 16 giorni, di cui sei di duro combattimento), la Colonna
           del Centro, Divisione del Harrar al comando del generale De Simone, era alle porte di Ber-
           bera,  capoluogo del Somaliland,  mentre gli inglesi si imbarcavano per Aden.

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