Page 191 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 191
CAPO X
COMANDANTE SETTORE GOGGIANI
(1° ottobre 1940 - 1° febbraio 1941)
Insediato del Somaliland la nostra amministrazione, a metà settembre 1940, fu convo-
cata ad Addis Abeba per la compilazione della relazione ufficiale sulla Campagna del Soma-
liland. Del resto io ero sempre nel territorio di mia giurisdizione perché lo Scacchiere Est,
comprendeva anche il Governo dello Scioa (1).
Intanto, però, la situazione generale dell'Impero si aggravava, specie nello scacchiere
nord (Amara - Eritrea) dove dal Sudan, le forze inglesi cominciavano a premere sui nostri
confini.
Si diceva che l'imperatore Alle Sollassie era già a Cartoum e, peggio, si diceva che un
alto ufficiale inglese era già penetrato nel Goggiam per preparare il ritorno del Negus in
Etiopia per quella via.
D Vicerè, fermo restando (invero di nome, più che di fatto) il mio incarico di coman-
dante lo Scacchiere Est (che, eliminati gli inglesi dal Somaliland, non aveva più che ·confini
marittimi con gli inglesi), mi incaricò del Comando Settore Goggiam dove la situazione,
come sopra ha detto, si aggravava giornalmente.
{l) Quando giunsi ad Addis Abeba, per ferrovia, mi accolse alla stazione il generale Trezzani con
una rappresentanza di ufficiali, che mi portava il saluto del Vicerè.
A casa mia (o meglio lungo la strada che conduceva a casa mia) trovai ad attendermi un'altra rap-
presentanza: qualche centinaio di donne e bambini indigeni, in ginocchio (neanche un uomo).
Compresi che in mia assenza era avvenuto qualche fatto, per il quale venivano a chiedere il mio
appoggio. Feci entrare in casa una- rappresentanza e seppi che in quei giorni, manu militari, erano
stati rasi al suolo molte centinaia di «tucul» (abitazione in legno e paglia) di famiglie indigene,
rimaste cosl, in piena stagione delle piogge, senza tetto.
Questo era stato fatto per lo «sgombero del campo di tiro», davanti a una trincea difensiva, co-
struita tutto intorno al nucleo del quartiere europeo. Giustissima la costruzione di una trincea
difensiva, giustissimo lo sgombro del campo di tiro, a condizione, però, che qualche provvedi-
mento venisse preso subito per il ricovero degli abitanti dei tucul distrutti, cosl come provvedi-
menti sarebbero stati presi se si fosse trattato di famiglie europee. In un momento cosl delicato
(7 mesi dopo gli inglesi ed i patrioti occuparono Addis Abeba) si doveva evitare di creare dei
malcontenti. Eppure vi era una Direzione del Genio Militare, un Municipio di Addis Abeba,
un Governo dello Scioa!!! Certo, tutto l'apparato si era mosso in moto, burocraticamente e certa-
mente fra un anno o due, i danneggiati sarebbero stati risarciti.
Convocai subito il dott. Franca, Direttore Generale degli Affari Politici, e gli ordinai di pagare
subito ai danneggiati una indennità corrispondente al valore medio di piazza di un tucul. Entro
24 ore tutti furono tacitati e un'altra processione di donne e bambini venne a ringraziarmi. Né
prima, né .dopo, neanche un uomo! Qualche sensibilità fra quei neri!
E anche di questo gesto che nell'aprile 1941 (e cioè sette o otto mesi dopo) quando i patriotti
entrarono in Addis Abeba (io ero a Gondar a quella data) 1 sono certo che la popolazione i(ldigena
di Addis Abeba, si ricordò e... perdonò. · .
In questo argomento, voglio anche accennare ad un altro episodio. In quei giorni di settembre
1940, fui invitato ad Addis Abeba a un gran matrimonio indigeno. Quando entrai nella sala, una
ulzerò (dama nobile) disse in italiano ad alta voce: «Ecco il nostro Governatore, sempre tra noi,
nei giorni lieti e nei giorni tristi». È indubbio che avevo fatto presa nell'animo indigeno. Del
resto è stato riconosciuto dallo stesso nemico che, a pagina 58 del volume Jhe Abissinian Cam-
paigne», dice: «ll generale Nasi, di gran lunga il più abile degli italiani nel trattamento con gli
abissini che egli trattava come esseri umani ai quali si poteva offrire la mano e si poteva offrire
la propria mensa e verso i quali s~ poteva mantenere la propria parola ... ».
189