Page 185 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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po Rolle rientrava nei nostri confini il 25 ottobre; in dieci giorni di marcia, dopo
           aver subìto parecchi attacchi aerei britannici, aveva perduto 52 uomini, tutti i qua-
           drupedi e i loro carichi. Questo insuccesso fu più grave delle sue reali dimensioni,
           sia perché particolarmente negativo agli occhi della popolazione sudanese, sia per-
           ché il fallimento di questo primo tentativo di operazione tipicamente colonialé fece
           sì che Trezzani, che l'aveva mal preparato, ne traesse esperienza non per fare bene
           la prossima volta, ma per desistere del tutto e tornare alla sua conduzione scolastica
           della Campagna in A.O.I.

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                Avviandomi alla conclusione, desidero porre il problema che considero più im-
           portante, che riguarda la seconda guerra mondiale combattuta sui fronti africani.
           Per una comprensione più ampia e profonda di quegli eventi è,  infatti, necessario
           adottare un punto di vista che non consideri i fronti africani come meri campi di
           battaglia, ma come territori abitati da popolazioni africane che furono direttamente
           coinvolte nel conflitto, sia con una attiva partecipazione in armi, sia come i civili
           di tutti i Paesi in guerra. Questi Paesi, Libia, Tunisia, Sudan, Kenia, Somaliland,
           Etiopia, Eritrea, Somalia, erano colonie dell'Italia, della Francia e della G.ran Bre-
           tagna, mentre l'Egitto, pur indipendente, era comunque sotto controllo britannico .
                .Adottando questa visione degli eventi bellici, ci colleghiamo strettamente alla
           realtà coloniale,  nel nostro caso soprattutto al dominio coloniale italiano,  alla sua
           politica indigena e quindi al rapporto che in colonia regola la vita della società afri-
           cana. Anche nella prima guerra mondiale popolazioni e territori africani s'erano tro-
           vati coinvolti nel conflitto, ma in quel continente esso toccò solo poche migliaia di
           uomini, mentre il grosso, l'Esercito coloniale francese, combattè sul fronte europeo
           occidentale. Nella seconda guerra mondiale, invece, centinaia di migliaia di.africani
           in armi, inquadrati soprattutto negli Eserciti italiano, britannico, in minor misura
           francese  (marocchini ed  algerini combatterono nella  Campagna d'Italia)  e  belga,
           combatterono in Africa,  in Libia,  Tunisia,  Egitto,  in A.O.I.,  Somaliland,  Sudan,
           Kenia.
                Il fenomeno,  per la molteplicità dei territori interessati, per il gran numero di
           soldati africani coinvolti e per le conseguenze che ne scaturirono, rappresenta una
           svolta non solo nella storia coloniale e nella storia dell~frica coloniale, ma anche
           nella storia militare  nella sua accezione più tradizionale ed essenziale.
                Lo storico arabo-keniota Ali A. Mazziù, in un saggio sull~frica e l'eredità della
           seconda guerra mondiale, individua con viva sensibilità e lucida comprensione una
           serie di punti nodali che sono altrettanti spunti di riflessioni e temi di ricerca (22).
           Mazziù parte dalla considerazione che per la prima volta in Africa un numero rile-
           vante di africani combatte insieme a parimenti numerosi europei contro altri euro-
           pei ed altri africani in numero egualmente rilevante (si pensi alle grandi battaglie
           in Africa settentrionale, alle Campagne nel4l Somalia inglese ed italiana, a Keren,
           ecc ... ). Questo incontro e scontro tra africani ed europei in Africa è un punto fermo



           (22)  Ali A.  Mazziù, A/rieti arul the kgacJ o/ the Secorul Wor/J  '\ffrr. politi&al,  economil: arul culluml
               aspects,  in Afriu arul the Secorul Wor/J  Wfr~ Reports anc:l papers of the symposium OJ:Banized by
               UNESCO at Benghazi from  10  to 13  november  1980, Paris,  UNESCO,  1985, pp.  13-25.

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