Page 197 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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trop aveva già  anticipato a  Ciano,  in occasione della visita di quest'ultimo per la
         firma del Patto Tripartito (27-28 settembre), e cioè che la Germania aveva <<deciso
         di aderire» alle preghiere del gen. Antonescu con «alcune formazioni di istruzione».
         Nei giorni seguenti sarebbe partito un primo nucleo del Comando, il resto sarebbe
         stato mandato al più presto. Inoltre, sempre in accoglimento di precise ed insistenti
         richieste,  era stato  stabilito anche l'invio di unità di aerei da caccia  (8).
              Una decina di giorni prima, inoltre, Chigi aveva messo in guardia dalla crescen-
         te penetrazione tedesca,  sia nel campo delle forniture  militari,  sia in quello pura-
         mente commerciale.  Una penetrazione economica «Costantemente preceduta  ed ap-
         poggiata da un'intensa e talvolta minacciosa pressione di carattere politico-militare» (9).
         In definitiva,  non poteva sussistere alcuna vera sorpresa né particolare  motivo di
         irritazione.
              Piuttosto,  uno  spunto  di  forte  contrarietà  era  rinvenibile  nella  recentissima
         constatazione che la Romania era ormai decisamente condizionata dalla Germania.
         1'8 ottobre, per l'appunto,  Chigi aveva  avvertito che con la presenza di numerose
         unità tedesche «Viene ad essere rapidamente ed integralmente completata l'opera di af
         fermazione dell'egemonia germanica in questo paese».  Nel contempo - ecco la novità
         -  informava che Antonescu sembrava desiderare una partecipazione italiana <<ac-
         canto e d'accordo  con  la  Germania»  (10).  La  replica di Ciano era stata immediata:
         l'ambasciatore doveva  persuadere  Antonescu  a  sollecitare sua  sponte  l'invio di un
         contingente italiano «in maniera che un'eventuale richiesta romena appaia come un na-
         turale desiderio  della  Romania anche e soprattutto di fronte  al Governo germanico»
         (11).
              Non si trattava, in fin dei conti, di una pretesa irrazionale: secondo un Artico-
         lo dell1\rbitrato di Vienna del 30 agosto «la Germania e l'Italia si impegnano a garan-
         tire l'invio/abilità del territorio rumeno». Purtroppo, anche se prevedibile, le ulteriori
         notizie da Bucarest furono deludenti. Quattro giorni dopo Chigi ammise di reputa-
         re «difficile» che Antonescu si prendesse la briga di chiedere d'iniziativa reparti ita-
         liani, senza precedenti accordi tra Roma e Berlino (12).  E, per non lasciare dqbbi,
         il  13  ottobre chiarl di considerare all'atto pratico impossibile la domanda romena
         di una vera e propria missione militare italiana senza una preliminare intesa fra l'Ita-
         lia e  la Germania (13).
              Mussolini si sentl ferito nell'orgoglio.  Si rendeva conto che nel Patto d1\cciaio
         il patner forte era Hitler;  che la  Germania la stava facendo  da padrona trattando
         ambiguamente con l'Unione Sovietica, fermando l'Italia, accattivandosi Ungheria
         e Bulgaria e piazzandosi in Romania;  che Hitler,  a dispetto della recentissima al-
         leanza militare con Italia e Giappone, nell'incontro al Brennero del 4 ottobre aveva
         di proposito taciuto le sue mire balcaniche e,  per contro,  ammonito che «da parte
         delle Potenze dell'Asse si deve evitare qualsiasi gesto  che possa  non essere di assoluta
         utilità nella  lotta  che adesso  viene da  noi condotta  in  ottima posizione»  (14).


          (8)  ODI, doc.  n.  707,  p.  679.
          (9)  ODI, doc.  n.  659,  p.  636.
         (10)  ODI, doc.  n.  676, p.  654.
         (11)  ODI,  doc.  n.  694,  pp.  669-670.
         (12)  ODI, doc.  n.  714,  pp.  686-687.
         (13)  ODI, doc.  n.  720,  p.  692.
          (14)  ODI, doc.  n.  677,  pp.  655·658.

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