Page 75 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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La pura e semplice difesa delle frontiere rispondeva solo alle esigenze della pri-
ma ipotesi. Per questo fu disposta l'intensificazione dei lavori difensivi sulla frontie-
ra alpina occidentale e fu iniziata nel novembre la costruzione del vallo alpino set-
tentrionale in funzione antitedesca.
Qualora si fosse verificata una della altre ipotesi, l'Italia avrebbe dovuto agire
quale «partner» di una coalizione: l'obiettivo non avrebbe più potuto essere la sem-
plice difesa del territorio e quindi sarebbe stato opportuno studiare il problema stra-
tegico sotto altro aspetto, ai fini di un chiaro orientamento delle Forze Armate. Ma
questo non fu fatto.
Dopo la fine della guerra con la Polonia e l'insuccesso delle offerte di pace di
Hitler a Parigi e Londra, Mussolini non era sicuro della vittoria tedesca e tale rimar-
rà fino alla primavera del1940. Egli era intimamente antitedesco e non poteva non
tener conto dell'orientamento dell'opinione pubblica. Perciò non desiderava un in-
tervento sul fronte occidentale e guardò con sollievo alla guerra in Norvegia e Dani-
marca e allo scontro russo-finlandese che spostavano il conflitto verso nord non
coinvolgendo l'Italia.
D'altronde queste Campagne avevano scosso il pessimismo di Mussolini e degli
Stati Maggiori italiani, sorpresi dall'efficienza della macchina bellica tedesca. Gli
ultimi dubbi furono poi fugati dalle eclatanti vittorie del maggio sul fronte francese.
Ne risulta un progressivo allineamento sull'ipotesi di un intervento a fianco della
Germania.
Esisteva comunque una virtuale uniformità di opinioni sull'ineluttabilità di
una partecipazione al conflitto. Vincesse la Germania o il blocco occidentale, l'Italia
sarebbe stata relegata in una posizione di sottorçline. Non solo, ma un Hitler vitto-
rioso avrebbe sicuramente fatto pagar caro all'Italia la neutralità e, con molta proba-
bilità, non avrebbe atteso la fine del conflitto per farlo.
Perciò le più alte personalità politiche e militari - ivi incluso il Sovrano -
avevano approvato la linea di condotta di Mussolini, tracciata nella «Memoria» del
31 marzo 1940: entrare in guerra più tardi possibile, in modo da determinare la deci-
sione, evitando un conflitto protratto che non sarebbe stato sopportabile. Non si
capisce, tuttavia, come sarebbe stato possibile determinare una decisione rimanen-
do sulla difensiva su tutti i fronti, come la «Memoria» postulava. In sintesi, l'atteg-
giamento offensivo era contemplato per la sola Marina e, sui fronti terrestri, limita-
to al solo scacchiere etiopico.
Mussolini decise quindi per l'intervento:
- convinto, e non lo era lui soltanto, che la guerra fosse già vinta dalla Germania;
- paventando una ritorsione tedesca;
- sicuro che il conflitto fosse di rapido corso;
- sia pure conscio dell'impreparazione dello strumento bellico;
- al fine di assicurare all'Italia il ruolo di grande potenza che la sua politica estera
per anni aveva sostenuto.
Qualora non si tenesse conto di questi presupposti non si potrebbe intendere
il «paradosso» del nostro intervento D.ella guerra. Paradosso sul quale si sono con-
centrate tutte le facilonerie strumentali pseudo-storiche del dopo.
Suonerebbe offesa ad un uomo - comunque onesto - ed a tutto un popolo,
che gli diede consenso, tacciare di improvvedutezza e superficialità la decisione
pressoché unanime della Nazione.
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