Page 76 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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La genesi delle decisioni discende da convinzioni maturate -·nella prospettiva
              politica antecendente -  in apparente e  sostanziale buona fede.  In essa,  peraltro,
              compaiono i limiti delle capacità di valutazione in politica estera, che definiscono
              e compendiano la vera statura dell'uomo di governo e che difettavano sia in Musso-
              lini sia in Hitler.
                   In quest'ottica, quantunque storicamente richiesto, scompare qualsiasi interes-
              se  sull'esame  analitico  delle  strutture  concernenti  l'entrata  dell'Italia  in  guerra.
              Quanto detto in precedenza potrebbe farlo ritenere superfluo. Lo si fa,  specialmen-
              te im::entrando il problema sull'Esercito, per completezza di critica e per etica, sia
              pure scontata,  d'analisi storiografica.


              L'Esercito italiano allo  scoppio della seconda guerra mondiale

              a.  I Vertici

                  Con Decreto del 6 febbraio  1927 era stata istituita la carica di Capo di Stato
              Maggiore Generale «allo scopo di assicurare il coordinamento nell'Organismo mili-
              tare dello  Stato» e  ne fu  investito il maresciallo  Badoglio.
                  Egli,  tuttavia,  non aveva  facoltà  di corrispondere direttamente con i  Capi di
              Stato Maggiore delle tre Forze Armate, né di controllarne le attività; e neppure era
              investito di una specifica responsabilità:  situazione del  tutto assurda.
                 ··  I sottosegretari, che erano anche Capi di Stato Maggiore delle rispettive forze
              armate, avevano invece rapporti frequentissimi con il Capo del Governo e,  in parte
              per la propensione ad agire con indipendenza, in parte per la tendenza di Mussolini
              ad anteporre le cariche politiche a quelle squisitamente militari, finirono per tratta-
              re conii Duce anche questioni che sarebbero state di competenza del Capo di Stato
              Maggiore Generale, il.quale -  ad esempio -  nemmeno fu  consultato per l'invio
              di volontari in Spagna.
                  Il Maresciallo, inoltre, non godeva delle simpatie degli ambienti fascisti ed era
              messo  praticame1;1te  da parte.  Allorché,  nel  1939,  la  situazione  internazionale  si
              oscurò, egli uscl dall'isolamento e fece ogni sforzo per evitare che l'Italia fosse coin-
              volta anzitempo nel conflitto.  Invano.
               .   In Italia, quindi, non esisteva prima della guerra uno Stato Maggiore Generale.
              Se· ne era nominato il capo, peraltro con funzioni più onorifiche e simboliche defini-
              te soltanto per il tempo di pace.  N eppure i nove  mesi di non belligeranza valsero
              a sanare la carenza.
                  Una grande potenza militare non solo deve disporre permanentemente di uno
              Stato Maggiore Generale,  ma è opportuno che in tempo di pace sia sussidiato da
              un Centro di alti studi militari comune  alle  tre Forze Armate al quale  spetti:
              - porre le basi di una dottrina strategica;
              -studiare nel campo strategico l'impiego coordinato di tutti i mezzi d'azione, fissan-
              do gli obiettivi in rapporto alle  più probabili eventualità politiche di guerra. ·
                  Né alla  mancanza di questi alti organi tecnici di studio poteva supplire l'esi-
              stenza della Commissione Suprema di Difesa e del Consiglio dell' Esercito. La pri-
             . ma,  nella pratica,  aveva  una sfera d'azione limitata al  campo economico ed indu-
              striale ed i Capi di Stato Maggiore delle Forze Armate erano membri a titolo con-
              sultivo. Quanto al secondo, il C~>nsiglio si trovava da tempo svalorizzato e come ino-
              perante.  ·

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