Page 81 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Soltanto  per l'alluminio  la  produzione  annua  nazionale  (32  mila  tonnellate)
          consentiva di fronteggiare le esigenze,  anche se queste andranno progressivamente
          aumentando sia per le crescenti richieste dell'aeronautica, sia per l'impiego dell'allu-
          minio in sostituzione del bronzo e dell'ottone.
               Per il rame e lo stagno la produzione era di un centocinquantesimo e di un qua-
           rantesimo  rispetto  al  fabbisogno.
               Il Commissario Generale per le fabbricazioni di guerra ripetutamente espose
          a Mussolini la tragicità della situazione, finanche con un crudo promemoria datato
           13  maggio 1940 e un successivo del 1° giugno, allorché il Commissariato si trasfor-
          mò  in  Sottosegretariato di  Stato per le  fabbricazioni  di guerra  (4).
               Tale  promemoria concludeva esponendo dati dai quali era agevole  constatare
          quale  potesse essere la  nostra situazione anche dopo un solo  mese  di guerra.
               A 4 mila tonnellate ascendevano le nostre scorte di gomma di fronte a un fab-
          bisogno concretato, sebbene l'Esercito potesse ritenersi pressoché appiedato, in 22
          mila  tonnellate.
               Quanto ai  tessuti, ad una esigenza di 4 3 mila  tonnellate annue di lana,  stava
          una produzione laniera nazionale di 6 mila e cotoniera di 10 mila contro un fabbiso-
          gno di 75  mila.  Lo  stesso discorso vale per la 'cellulosa:  ad una necessità annua di
          3  70  mila  tonnellate  non potevano certo far  fronte  le  60  mila  prodotte.
               Un complesso tale di carenze da costituire il fattore più grave e determinante
          delle condizioni generali di efficienza dello strumento  militare  italiano.
               A ciò si sommi il problema dei trasporti necessari ed indispensabili per gli ap-
          provvigionamenti dall'esterno:  si consideri che dei 35  milioni di tonnellate annue
          di merci per garantire i consumi, ben 27,5 milioni di tonnellate dovevano essere im-
          portati.
               Sembra a questo punto opportuno citare lo stesso generale Favagrossa: «impre-
          parazione sconfortante delle Forze Armate; insufficienza dell'attrezzatura industriale in
          genere e di quella bellica in particolare; inesistenza di scorte e possibilità limitatissime
          di produzione di materie prime».
               Richiamandosi poi alla  potenzialità bellica industriale in atto  a fine  1939,  il
          Generale calcolava che <<[Jer soddisfare le richieste la produzione avrebbe dovuto essere:
          per le artiglierie,  16 volte maggiore fino al1941, poi 4 volte; per le munizioni di piccolo
          calibro, 4 volte; di medio calibro,  14; di grosso calibro 10; per le mitragliatrici,  10 volte;
          per il cartucciame da  4 a 7 volte; per i velivoli più del doppio,  e per i motori più'del
          triplo>>.
               Il piano che si cercò di attuare prevedeva due fasi:  la prima, di produzione per
          una conveniente preparazione di partenza; la seconda, della produzione bellica cor-
          rispondente a ciascun anno di guerra. Comunque, pur riducendo al minimo i pro-
          grammi e stringendo i tempi,  soltanto per il 1942  si  sarebbe potuto essere pronti
          per la  prova.
               Nell'aprile del  1940, in conclusione, la  nostra preP,arazione alla guerra poteva
          calcolarsi raggiunta al 40 per cento. Sempre, però, che si fosse trattato di una guerra
          di rapido corso.
               Oltre che alle esigenze della situazione, infine, le nostre possibilità militari ri-
          sultavano inferiori - e di gran lunga - sia a quelle degli avversari sia dei nostri


          (4)  Cfr.  Carlo Favagrossa,  Perché perdemmo  la  guerra,  Rizzoli,  Milano  1946.


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