Page 86 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Invano il capitano sir Basil H. Liddel Hart, in Inghilterra, il colonnello Char-
les De Gaulle in Francia ed il generale Heinz Guderian, in Germania, sostenevano
che la guerra futura sarebbe stata combattuta da grandi unità corazzate. Il colonnel-
lo britannico sir Percy Hobart, propugnatore delle divisioni corazzate, fu addirittu-
ra inviato - quasi in esilio - in Egitto dove, ironia della sorte, diede inizio alla
costituzione della 7 a Divisione corazzata «topi del deserto» che tanta parte doveva
avere nei combattimenti del1940 in Marmarica. Ma urtò così apertamente gli orto-
dossi che fu costretto a dimettersi alla vigilia della cavalcata delle divisioni corazzate
tedesche in Francia.
Il generale Guiderian, in Germania, dovette a sua volta sostenere dure lotte
contro lo stato maggiore e riuscì ad iniziare la costituzione delle prime tre divisioni
corazzate nel1936 soltanto perché persuase personalmente Hitler, oltre che per i
tempi di reazione e decisione sicuramente più contratti di cui gode uno Stato ditta-
toriale ed aggressivo nei confronti di quelli democratici.
· In Francia fu costituita nel1935la prima divisione meccanizzata leggera e nel
1936 venne messa allo studio la divisione corazzata, ma l'ostilità continuò, al punto
che nel maggio 1940, a fronte di 1.225 carri ripartiti in battaglioni autonomi ed
assegnati alle unità di fanteria, i francesi disponevano di soli 950 carri indivisionati
da opporre ai 2.700 delle divisioni corazzate tedesche (6).
In Italia, per quanto fosse stato sottovalutato l'impiego delle divisioni corazzate
in operazioni su larga scala, fu costituita dal generale Baistrocchi nel1936 una briga-
ta motomeccanizzata e, con l'ordinamento Pariani del1938, furono costituite due di-
visioni corazzate ed i reggimenti di fanteria carrista furono portati da uno a sei.
Purtroppo, per carenza di visione strategica, quelle divisioni nacquero con i li-
miti che abbiamo visto.
Un aspetto che, per ultimo ma non ultimo, merita considerazione è quello del
Comando congiunto nelle guerre di coalizione moderne.
I.:alleanza italo-tedesca è stata, fin dagli inizi, una realtà esclusivamente di coo-
perazione o collaborazione, salvo l'affluenza a Roma- sotto la veste di addetti cul-
turali o commerciali - di una folla di agenti di Himmler.
Poiché il patto prevedeva, all'articolo 4, la collaborazione nel campo militare,
arte italiana era stato inviato a Berlino il·generale Cavallero sin dal giugno 1939.
E
~ · fu accolto con normali cortesie ma ritornò senza avere nulla concluso. Il gene-
. e Roatta, che fu a Berlino quale «attaché» dal luglio al novembre 1939, ebbe con-
tatti con le autorità militari tedesche esclusivamente per le visite di presentazione
e di congedo, ma fu invitato una sola volta - con altri addetti - a visitare reparti
e ad assistere ad esercitazioni. .
Né il suo successore, generale Marras, ebbe trattamento molto diverso.
Mussolini non conobbe mai gli intendimenti di Hitler e le notizie pervenutegli
furono soltanto quelle della nostra Ambasciata a Berlino.
Ed un conflitto di coalizione impone, oltre che Stati Maggiori operativi e logi-
stici congiunti, una perfetta osmosi anche fra i semplici comandi delle unità e repar-
ti cooperanti.
Quale differenza con la funzionalità degli Stati Maggiori interalleati, nell'am-
bito di uno dei quali un semplice capitano metereologo ebbe la facoltà di far differi-
re l'«Operazione Overlord»!
(6) Dal computo dei carri alleati sono esclusi quelli britannici della B.E.F. (British Expeditionary
Force).
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