Page 120 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Un promemoria del S.l.M. del l ottobre 1942, che ha per oggetto
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"la situazione politico-militare in A. O.!. etc.", firmato dal colonnello Edmon-
do de Renzi, fa un quadro molto equilibrato e lucido della perdita dell'im.-
pero. Scrive infatti de Renzi: ''Nella condotta della guerra non è apparso palese
l'attuazione di un disegno operativo preordinato e fermamente realizzato, subordi-
nato alle ipotesi di un 'attacco generale e convergente da tutte le frontiere dell'Impero.
Le operazioni offensive nel Somaliland su Cassala e verso il Kenia hanno in definiti-
va determinato una dispersione notevole di forze e di mezzi ed un aumento vulnera-
bile della nostra occupazione. Governo centrale non sempre bene orientato sui reali
termini delle situaziorilperiferiche. Governi regionali sollecitati da tendenze centri-
fughe, ciascuno persuaso che il problema centrale e sostanziale della difesa dell'Impe-
ro coincidesse con quello della difesa del rispettivo territorio. Deficienti numericamente
i quadri in gran parte di complemento, essendo stati rimpatriati i 'vecchi' ufficiali
in s.p.e. provetti coloniali ed esperti comandanti di reparti di colore". Quest'ulti-
ma osservazione è particolarmente grave ai fini della giusta e corretta va-
lutazione del comportamento delle truppe indigene. Dopo avere osservato
che le scarse truppe metropolitane erano "in gran parte costituite da conna-
zionali residenti nell'Impero, spesso spiritualmente orientati alla sola difesa del pro-
prio focolare ed alla tutela dei propri interessi economici", passa ad analizzare
serenamente il ruolo delle truppe africane. Così sinteticamente si esprime
il colonnello de Renzi: "Truppe indigene, private degli ufficiali nei quali ripone-
vano fiducia, angosciate dal pensiero delle famiglie esposte in lontani territori e sen-
za difesa al pericolo dell'invasione, terrorizzate dalla schiacciante prevalenza
dell'aviazione nemica e dei mezzi meccanizzati, sedotte dal miraggio di pingui raz-
zie, hanno soggiaciuto rapidamente alla sensazione che la disfatta fosse ineluttabile
ed ogni sacrificio inutile". E conclude con uno slancio di ammirazione, "Su-
perbi i ·battaglioni eritrei, specie nell'epica difesa di Cheren" (33).
E la battaglia di Keren, ben al di là della morte di tanti eritrei, even-
tualità sempre messa nel conto dal soldato coloniale, colpisce l'osservatore
avveduto e lo studioso per la capacità di resistenza ai bombardamenti ae-
rei e di artiglieria delle truppe coloniali costrette sulla difensiva in posizio-
ni fisse. Sopportare un bombardamento era infatti contrario a tutto il mo-
do di combattere di questi uomini, la cui tradizionale cultura di guerrieri
(33) A.U.S.S.M.E. IT- busta 5. Il documento è una sintesi analitica delle notizie portate
dai rimpatriati dell' A.O.I..
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