Page 25 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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L'.interpretazione di Antonescu era tuttavia sintomatica: il nemico per
lui e per tutti i romeni era ad Oriente e, in subordine, tra Stati - quali
l'Ungheria e la Bulgaria -legati come la Romania al carro dell'Asse. Mo-
sca non accettò di buon grado che Roma e Berlino avessero dato una pro-
pria garanzia al governo di Bucarest dopo averlo costretto a cedere al diktat
di Vienna per la Transilvania (31>. L'Unione Sovietica aveva occupato, con
il consenso tedesco, vasti territori della Grande Romania e, di più, si era
impadronita di buona parte del delta danubiano, non mancando di solle-
vare la questione del controllo della navigazione sul grande fiume dalle
Porte di Ferro in giù. Un contrasto, come si vede, che non toccava soltan-
to la Romania, ma interessava anche la Germania e l'Italia. Non a caso
serrate furono le consultazioni tra Roma e Mosca su tali questioni, non-
ché sul controllo degli Stretti <3 2>.
Insomma l'adesione al Patto Tripartito che risaliva al 23 novembre
1940, l'assenso all'ingresso di truppe tedesche sul territorio nazionale do-
vevano per i dirigenti di Bucarest servire pur a qualcosa. Se Antonescu non
riuscì a strappare nessuna promessa per recuperare la Transilvania, vide
inveèe con soddisfazione periclitare i rapporti tra Mosca e Berlino e fornì
con convinzione l'apporto militare dell'Esercito romeno per prendere nuo-
vamente possesso della Bessarabia e occupare inoltre la Transnistria e Odessa.
La rottura delle relazioni diplomatiche con Londra sino dallO febbraio· non
fu in tale contesto un fatto di grande rilevanza; anche se spiacevole. La stes-
sa presenza sempre più ingombrante dei tedeschi nell'economia nazionale
poté essere sopportata, mentre istituzioni e imprese di Stato (e talora priva-
· te) venivano militarizzate e i contadini sottoposti a mobilitazione e i pro-
dotti agricoli requisiti. Più odiose le misure antisemite a partire dall'esproprio
delle imprese i cui proprietari erano ebrei e dal contingentamento dei di-
pendenti ebrei < 3 3>. Non di grande significato furono le dimissioni di alcuni
(31) "ll pericolo russo supera, di nuovo, per quanto ci riguarda, tutti gli altri" scriveva
il12 novembre 1939 nel suo diario Grigore Gafencu, all'epoca ministro degli Este-
ri in Romania (G. Gafencu, Insemnari politice 1929-1939, Bucuresp 1991, p. 342).
DDI, Rosso a Mae, Mosca, 28 gennaio (doc. sov.).
(32) Si veda ad esempio il colloquio tra Molotov e l'ambasciatore italiano Augusto Ros-
so del 24 febbraio 1941 in DDI, pp. 628-631; A. Ulam, Storia della politica estera
sovietica (1917-1967), Milano 1970, pp. 425-428; M. Geller-A. Nekric, Storia dei-
I'URSS da/1917 a oggi, Milano 1984, pp. 415-419.
(33) Molto reticente su questo periodo la Storia del popolo romeno, a cura di A. Otetea,
Roma 1981. Interessante invece l'analisi di U. P. Moisuc e D. B. Lungu, The Roma-
nian Participation in Operation Barbarossa, in "Revue cles Etudes Sud-Est Europeen-
. nes", XXIX, 1991, 3-4, pp. 183-190, dove si sottolinea che la Romania non sarebbe
potuta rimanere estranea alla guerra e che non esistevano all'epoca serie alternative
alla leadership di Antonescu.
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