Page 26 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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alti ufficiali (tra i quali il generaleNicolae Ciuperca), all'indomani dell'in-
               tervento  in guerra  sulla  base  degli  accordi  di  Monaco  e Berchtesgaden
               dell' 11 e 12 giugno. L'autunno portò ai romeni le prime delusioni al fron-
               te e le dichiarazioni di guerra da parte della Gran Bretagna (6 dicembre)
               e dei maggiori Paesi del Commonwealth e quindi, in omaggio al Patto Tri-
               partito, la  dichiarazione  di guerra agli  Stati Uniti (12  dicembre) (34>.
                    Nota è la vicenda iugoslava. Dal febbraio 1940 era chiaro che l'Intesa
               balcanica si era dissolta e poco valeva il miglioramento dei rapporti tra Iu-
               goslavia e Bulgaria, incrinato appena dalla destituzione di Kjosseivanov a
               Sofia.  Messo  da parte a Belgrado l'uomo forte  Milan Stojadinovié (che fu
               esiliato nelle Mauritius per timore che potesse servire ai tedeschi) il reggente
               Pavle ebbe in mano, quasi da solo, le sorti del Paese <3 5 >.  Di fronte alle offer-
               te italiane (trattativa Mussolini-Stakié) < 36 > e alle pressioni tedesche, che pre-
               valsero nettamente sulle prime, la sua scelta fu pressoché obbligata. La scelta
               dell'elemento militare serbo invece fu o scriteriata o tardiva. Se si voleva im-
               pedire al Paese di accodarsi all'Asse senza però provocarne la reazione, non
               bisognava attendere tanto a lungo per impadronirsi del potere come fece il
               generale Simovié il  27 marzo  1941.  Solo giocando d'anticipo sulla  firma
               del Patto T ripartito si poteva sperare di non provocare l'aggressione tede-
               sca. È difficile credere che qualcuno ad alto livello fosse convinto della vittoria
               militare nonostante il fervore con cui i serbi risposero alla leva, soprattutto
               dopo la firma del Patto Tripartito da parte bulgara (una delle fotiti più credi-
               bili al riguardo, proprio per la sua ostilità verso i serbi, è Ante Pavelié) <37>.

                    DragiSa.  Cvetkovié  e  Cinkar-Markovié  Aleksandar  (rispettivamente
               Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri) furono ancora meno abili
               del reggente e dei loro avversari.  L'unico punto che segnarono a prQprio
               favore fu l'accantonamento del ministro della Difesa Milan Nedié, troppo
               autonomo nelle proprie prese di posizione, e la sua sostitUzione con il gene-
               rale Petar Pesié <3B>.  Ma anche questo fu un successo senza conseguenze di
               fronte al periclitare travolgente della situazione. Sulle scelte del reggente Pavle



               (34)  A.  Moor,  Histoire  de  la  Roumanie,  Geneve  1978,  p.  248.
               (35)  S.  Clissold e a.,  Storia della Iugoslavia,  Torino 1969, p. 228; Storia della Bulgaria, cit.,
                   pp.  373-374.
               (36)  DDI, pp. 532, 538, 540, 581, 624, 658, 660, 661, 666, 667, 707, 713 (per il gran
                   numero di  documenti si  indica solo il numero delle pagine); G.  Perich, op.  cit.,  pp.
                   41-54.  L'avvocato Vladislav Stakié era illegale della Legazione d'Italia a Belgrado.
               (3 7)  ODI,  Pavelié  ad Anfuso,  6 marzo .
               . (38)  DDI,  Mameli  a  Ciano,  Belgrado,  22  gennaio.


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