Page 21 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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non è da giudicare inatteso e ad esso  ovviamente si trovano ampi riferi-
            menti anche nelle vicende degli altri Stati del Sudest europeo. Esso fu in-
            fatti  il  perno  attorno  a  cui  ruotarono  gli  eventi  per  questa  parte  del
            continente e per il conflitto  nel suo insieme.  Per la Bulgaria il contrasto
            tra i due colossi che stringevano in una morsa la media Europa fu deter-
            minante.  I governanti di Sofia  -  fossero  filotedeschi  come l'archeologo
            Filov o  di  tutt'altre simpatie politiche,  decisi  a  conservare un'ombra di
            regime  parlamentare o propensi ad accettare i modelli totalitari -  non
            vollero mai scendere in campo contro i fratelli maggiori russi, ai quali do-
            vevano la fine della dominazione ottomana e la fondazione dello Stato bul-
            garo moderno. Accanto al sentimento di solidarietà slava giocarono anche,
            in tale rifiuto, l'assoluta mancanza di contenzioso, fosse  pure potenziale,
            con  Mosca,  la  non contiguità territoriale e la  convinzione che l'impresa
            fosse troppo ardua anche per le vittoriose armate hitleriane. Sul discrimi-
            ne dei rapporti con l'Unione Sovietica si ebbe anche la polarizzazione del-
            l' opposizione.  Questa  si  divise  tra  simpatizzanti  del  liberalismo  e  delle
             Potenze occidentali, i quali in genere insistevano per una politica di asso-
            luta neutralità, e sostenitori di una politica di amicizia verso l'Unione So-
            vietica (comunisti, socialdemocratici di sinistra e agrari dell'ala "Pladne",
            alcuni seguaci dello Zveno e dei partiti di area liberale). I primi alla fine
            del 1940 diedero vita al "patto delle forze costituzionali", i secondi avreb-
            bero dato vita alla Resistenza. Un tentativo di colpo di mano filobritanni-
            co  guidato  da  Georgi  M.  Dimitrov  fu  sventato  dal  Governo < 20>.  In  un
            quadro così mosso, con un regime alquanto debole nell'opinione pubbli-
            ca, che poteva contare soltanto sul ceto militare o poco più, le acquisizio-
             ni  territoriali  in Tracia  e  Macedonia (che  si  aggiungevano  alla  cessione
            della Dobrugia meridionale da parte romena nel 1940) crearono un con-
            senso  sia  pure limitato.
                 Sofia ruppe le relazioni diplomatiche con Belgrado il  15 aprile e l'E-
            sercito bulgaro entrò in Macedonia, occupando la stessa Skopje (19 apri-
            le).  Nel maggio  il Governo bulgaro dichiarò annessi i territori occupati.
            D'altronde sia parte della popolazione locale sia l'opinione pubblica bul-
            gara accolsero  quelle  annessioni  con  entusiasmo.  Tutti erano  "intossicati
            dall'idea  che per la prima  volta  nella  storia  avremmo  avuto  quanto  ci  spettava,
            che  avevamo  invano  chiesto  tanto  a  lungo.  Per  essere  precisi,  avevamo  un po'  di



            (20)  Storia della Bulgaria, cit., pp. 377-379. Si  cfr.  l. Dimitrov, L'opinion publique bulgare
                 et l'orientation de la politique exterieure de la Bulgarie à la veille de la seconde guerre mondia-
                 le,  in  "Studia Balcanica",  VII,  1973,  pp.  257-268.


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