Page 27 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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giocarono fattori  personali, come il mantenimento del potere e del regime
            semiautoritario (con lo  sporazum  tra serbi e croati  super partes come egli
            l'aveva voluto) (39)  nonché il timore di fermenti  rivoluzionari o separatisti
            (bolscevismo e pavelicismo). Il colpo di Stato fu  ben attuato e politicamen·
            te rappresentativo (lo  appoggiarono uomini tra loro distanti come Ma cek
            e Jovanovié) (40)  ma debole verso l'esterno. Con Londra ne gioì Mosca: erano
            i prodromi del mito del  ritardo  dell'Operazione "Barbarossa", ma  anche
            il chiaro segno del contrasto tra Unione Sovietica e Germania per i Balca-
            ni,  come  Eden  aveva  voluto  sottolineare  alla  diplomazia  iugoslava < 4 1).
                ll 6  aprile  1941  con  il violento  bombardamento  di Belgrado  iniziò
            l'invasione tedesca, quasi senza storia, risolta con l'appoggio italiano (dall'11
            aprile) e ungherese, nonostante appena pochi giorni prima fosse stato rati-
            ficato un trattato di amicizia iugoslavo-magiaro < 42 ).  I bulgari per proprio
            conto poterono occupare facilmente la  Macedonia.  Il  17 aprile fu  firmato
            l'armistizio, mentre il giovane re Pietro II si rifugiò all'estero. Seguì la spar-
            tizione, con la creazione della Croazia e del Montenegro e il mantenimento
            di una Serbia mutilata,  nonché le annessioni di Slovenia (Germania e Ita-
            lia),  Dalmazia (Italia),  Macedonia (Bulgaria),  Backa (Ungheria) e Banato
            (sotto controllo tedesco). In Serbia governò in modo precario Milan Nedié,
            affiancato dai fascisti di Ljotié e dai ben più organizzati cernici. In Croazia
            si  avviò  la  triste  esperienza  ustasa  sotto  il  velo  del  regno  di Tomislav  II
            (Aimone di Savoia Aosta) < 4 3).  Ben presto la  parola sarebbe passata alla Re-
            sistenza  nelle  sue  molteplici  e contrastanti  componenti.


            (39)  S.  Clissold e a.,  Storia  della jugoslavia,  cit.,  p.  223:  lo  sporazum  o accordo  prevedeva
                la creazione della banovina di Croazia, con notevoli caratteristiche di autonomia ri-
                spetto al Governo centrale in cui peraltro entrarono anche rappresentanti croati. Ta-
                le  regione  autonoma  comprendeva  una  rilevante  minoranza  serba  (866.000  su
                4.400.000) e  164.000 musulmani.
            (40)  Vladko  Macek era il capo storico del  partito contadino croato;  cfr.  anche B.  Valo-
                ta, L'ondata verde,  Milano 1984, pp. 299-304. Il serbo professor SlobodanJovanovié
                restò  a capo del Governo iugoslavo in esilio  dal gennaio  1942 al giugno  1943. Sul
                colpo di Stato di  Simovié si veda A.  Breccia,  Iugoslavia  1939-1941.  Diplomazia della
                neutralità,  Milano  1978,  pp.  581  seg ..
            (41)  DDI, De Peppo a Mae, Ankara,  14 m~rzo: riferisce di un colloquio tra Eden e l'am-
                basciatore  iugoslavo  in  Turchia  Ilija  Sumenkovié.
            (42)  DDI, Talamo a  Mae,  Budapest,  28 febbraio.  Il ministro  degli  Esteri ungherese  Pàl
                Teleki si suicidò piuttosto che assumersi la  responsabilità di aggredire la  Iugoslavia
                (lvi,  3 aprile).  Cfr. A.  Breccia, op.  cit.,  pp. 406-417, 660-661.  Nella lettera di com-
                miato  a  Horthy Teleki  scrisse:  "Noi siamo  divenuti  spergiuri ...  Siamo  dei  depredatori  di
                cadaveri,  la nazione più vile che esiste" Zs. L. Nagy, L'epoque moderne,  in Mille ans d'histoire
                hongroise,  a  cura  di  P.  Hamik,  Budapest  1991,  p.  209.
            (43)  Con le dovute cautele, per un'informazione preliminare si legga G. Scotti, "Ustascia"
                tra  il fascio  e la  svastica.  Storia  e crimini del  movimento  "ustascia",  Udine  1976.


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