Page 33 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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un altro mito ebbe fine,  quello della forza  navale del fascismo che,  dopo
            l'insuccesso  di  Taranto,  subiva  in  mare  aperto  un altro  grave  colpo.

                 Tutto sembrava ormai congiurare contro i progetti italiani ed anche
            la Francia di Vichy, attraverso la delegazione francese presso la Commis-
            sione Italiana di  Armistizio  con la  Francia,  con  sede  a  Torino,  non  na-
            scondeva la  sua  intenzione di seguire  una  politica tedesca  piuttosto  che
            una politica dell'Asse. Nonostante i successivi chiarimenti di Hitler desti-
            nati a Mussolini, la riunione di Montoire del24 ottobre 1940 aveva posto
            le prime basi di una politica realista del maresciallo Pétain rivolta al dia-
            logo con la Potenza di occupazione più importante. Con l'Italia le relazio-
            ni appaiono irrigidite, con rispetto formale  degli accordi di armistizio e
            con un'evidente interpretazione negativa dell'importanza italiana in qual-
            siasi  decisione  che l'Asse  prendesse  nei  confronti  della  Francia.  Il  Capo
            della Delegazione francese, l'ammiraglio Henri Duplat testimoniò questo
            atteggiamento a  Vichy scrivendo nel suo rapporto del  30 gennaio  1941:
            "Un  altro  elemento  importante  è senza  dubbio  anche  il fatto  che gran parte delle
            decisioni  negative della  Commissione  Italiana  di  Armistizio ci sono  state notificate
            dopo il "visto" del Governo italiano, se non addirittura di quello del Comando tede-
            sco.  Questa  nuova procedura  mi pare  destinata  a  mostrarci  che  si  tratta  di  una
            volontà comune dei  due partner dell'Asse,  contro  cui sarebbe inutile cercare  di far
            prevalere i nostri desiderata tutte le  volte che questi ultimi non  avranno come scopo
            un'azione precisa e diretta contro i nemici dell'Italia".  Di fatto il Governo italiano
            metteva  le  autorità francesi  nell'impossibilità  teorica  di  sfruttare gli  equivoci  con
            la Germania e di cercare di ottenere da Berlino ciò che a Roma non  voleva concede-
            re.  Inoltre la  ''politica francese'' di Otto Abetz sembrava condannata dai due part-
            ner dell'Asse.  In  questo  senso  l'accordo  di  Montoire  confermava  quest'idea;  recita
            il primo paragrafo:  "D'accordo  con  il Duce,  il Fiihrer  ... ",  e  il  secondo:  "Le
            potenze dell'Asse e la  Frància  ... " e il sesto ed ultimo paragrafo:  "Il Governo
            del Reich s'incarica di assicurarsi immediatamente il consenso del governo italiano
            in merito ai punti precedenti e di chiedergli di sottoscrivere anch'esso questo verbale".
            Ciò costituiva in fondo una contraddizione con le affermazioni precedenti
            poiché la Germania prendeva degli accordi validi per l'Asse e quindi l'Ita-
            lia ne era al corrente, oppure il sesto paragrafo voleva dire qualcosa e cioè
            che la  Germania firmava un accordo a suo proprio nome e si incaricava
            di informare l'alleato al fine di attenerne il consenso. Questo discorso man-
            cava, però, di logica. A parte questo aspetto che è di grande interesse, sap-
            piamo che l'insieme delle trattative di Montoire appariva equivoco anche
            agli  occhi  del suo  ispiratore,  Otto Abetz,  che scrisse  nelle  sue memorie:
             "All'epoca,  Montoire  si prestò  a tante  versioni  ed interpretazioni quante  erano  le
            sfumature in Francia  e in  Germania fra collaborazionisti,  anti-collaborazionisti e


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