Page 40 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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cipazione  alle  operazioni  militari,  tuttavia,  questo  sforzo  aereo  fu  poco
               efficace poiché tutti gli apparecchi giunsero molto tardi in Irak: i tedeschi
               il 12 maggio, gli italiani il 27 maggio. Le operazioni militari inglesi, liqui-
               darono, il 30 maggio, ogni resistenza degli eserciti di Rashid Ali al-Ghailani,
               che,  dopo  la  sconfitta,  fuggì  in Iran.

                    Per l'Italia e per l'Asse la crisi irachena fu l'occasione per negoziare
               con la Francia, sul piano giuridico, il problema dello statuto giuridico e
               politico dei territori sotto controllo francese rispetto allo sforzo bellico del-
               l'Asse e quello dell'uso degli stessi territori per scopi militari e strategici
               in funzione anti-inglese e anti-gollista. Anche in questo caso è opportuno
               sottolineare il fatto che il Governo di Vichy, in un primo tempo contrario
               all'utilizzo degli aeroporti siriani per la campagna di sostegno agli insorti
               iracheni, cambiò poi atteggiamento comprendendo che gli si  presentava
               un'occasione per migliorare la  stretta applicazione degli  armistizi senza
               tuttavia compromettere il suo status di non belligeranza. Questi proposi-
               ti,  favoriti  dalla  "politica francese"  di Otto Abetz,  portarono alla firma
               dei "Protocolli di Parigi" del 27-28 maggio  1941. Questi accordi, prece-
               duti  da un incontro fra  Hider e Darlan  avvenuto  a  Berchtsgaden  il  12
               maggio, rivestivano un'importanza enorme per il futuro delle attività mi-
               litari dell'Asse, soprattutto nel Mediterraneo, anche se apparivano in real-
               tà in ritardo sulla  realtà siriana. Anche in questo caso,  però, le  autorità
               italiane  dovettero  constatare che  le  esigenze,  e  quindi le  condizioni  che
               l'Italia doveva imporre alla Francia non erano come stabilite dagli accor-
               di. La loro stessa forma era anormale: solo la Germania era il partner del-
               l' accordo Vichy in un settore, il Mediterraneo, in cui l'Italia, secondo gli
               accordi sul Nuovo  Ordine 1  avrebbe dovuto essere l'unica potenza dell'Asse
               a decidere e a concedere alla Francia "vinta". Invano durante una riunio-
               ne  tra le  due presidenze delle Commissioni italiana e tedesca  tenutasi a
               Wiesbaden il 28 e il 29 maggio, l'Italia otterrà delle promesse di parità
               su tutte le concessioni che la Francia avrebbe fatto alla Germania e su tut-
               to l'insieme del dialogo franco-tedesco  che  diveniva ipso facto  un dialogo
               tra la Francia e l'Asse. Questa tesi convinse solo a metà lo Stato Maggiore
               italiano, poiché in uno degli accordi più importanti, perfino l'uso dei por-
               ti tunisini per il rifornimento  delle  attività belliche in Africa  del Nord,
               veniva  citato  in modo formale  che  tale  uso  era  riservato  e  riconosciuto
               solo ed esclusivamente ai tedeschi. Giocare la carta dell'intesa nell'ambito
               dell'Asse e sottolineare con ciò che anche l'Italia era interessata ai Proto-
               colli  di Parigi non fu considerato dalla CIAF e dalle autorità militari ita-
               liane un  elemento  valido.
                    La  situazione geo-strategica generale purtroppo non consentiva agli
               Italiani  di  scontrarsi,  anche se  solo  formalmente,  con il loro alleato  che


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