Page 49 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 49

conferma di ciò, Orsenigo citava l'autorevole parere di un "sopraintendente
             protestante",  il quale era "arrivato perfino a dire che si trattava solo di un atteg-
             giamento dispettoso della solita corrente estremista per aver constatato che la religio-
             ne cristiana, ad onta dei suoi programmi deleteri,  non solo persisteva,  ma anzi fioriva
             più di prima". Ma questo genere di interpretazioni e di larvati suggerimen-
             ti  non piacque affatto alla  Santa Sede,  e in modo particolare a  Pio XII,
             che non amava affatto promuovere o anche semplicemente tollerare il "na-
             zionalismo esagerato"  dei popoli.  Certo, anche Pio XII condivideva con
             il suo nunzio la preoccupazione che i cattolici della Germania non fossero
             accusati di deficienza di spirito nazionale: ma non approvava che essi fos-
             sero spinti ad un allineamento con coloro che in definitiva si mostravano
             come  avversari  dichiarati  della  missione  universale  della  Chiesa.

                  Come si vede, il tentativo di Ribbentrop di appropriarsi della Chiesa
             cattolica e della Santa Sede per i propri fini di guerra si risolse in un falli-
             mento.  Anzi,  a  ben vedere,  si  risolse in un vero e proprio boomerang,  in
             quanto, nei primi mesi del 1941, la Santa Sede, con questa serie di smen-
             tite, si era notevolmente esposta in senso antitedesco. Lo  ammetteva, sia
             pure molto  diplomaticamente per  non dare una  delusione troppo forte
             al suo ministro degli esteri, lo stesso von Bergen nell'inviare alla Wilhelm-
             strasse il "rapporto" richiesto. Dopo aver smentito la fondatezza della no-
             tizia  pervenuta  a  Ribbentrop,  secondo  cui  il Papa  avrebbe  dichiarato
             pubblicamente che bisognava accettàre l'idea di una vittoria tedesca, e dopo
             aver inserito nel discorso le consuete informazioni sull'impressione che ave-
             vano suscitato nell'animo di Pio XII i successi tedeschi (ma non aveva po-
             tuto fare  a  meno  di  evocare anche l'impressione  suscitata  dagli  scacchi
             italiani),  dopo  aver  tirato fuori  le  altrettanto solite frasi  d'obbligo  sulla
             "germanofilia" del Pontefice, sulla sua italianità (per cui egli non avrebbe
             potuto augurarsi la sconfitta dell'Asse), l'ambasciatore entrò nel cuore del
             problema che stava tanto a cuore del suo principale: "eppure,  malgrado tut-
             ta la sua simpatia per le potenze dell'Asse,  il Papa ravvisa un reale pericolo nella
             distruzione totale dell'Inghilterra e della Francia,  oppure in un conflitto troppo pro-
             lungato,  con la possibilità di una penetrazione bolscevica dell'Europa.  La sua mira
             attuale è pertanto,  come  lo  è sempre stato,  quella di abbreviare la guerra,  agendo
             tra le quinte, se si vuole, per svolgere,  al momento opportuno,  il ruolo del mediatore.
             Dato  questo  atteggiamento fondamentale,  sempre  adottato  dal Vaticano,  è chiaro
             che i pronunciamenti estemporanei a favore dell'una o dell'altra parte pregiudiche-
             rebbero  seriamente  le  sue funzioni  di  conciliatore" (7).


             (7)  Cfr.  A.  Rhodes,  op.  cit.,  pp.  259-260.


                                                                                 47
   44   45   46   47   48   49   50   51   52   53   54