Page 20 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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                    Intanto,  dopo appena 39 giorni di lotta, le  truppe anglo-americane
               concludevano la campagna di Sicilia e si apprestavano ad invadere l'Italia
               continentale. I tedeschi -  è vero -  contennero il danno ma rimase loro
               preclusa  la  possibilità  di  potenziare  il  fronte  russo.  L'impegno  tedesco
               nell'area  mediterranea  continuò  pertanto  a  salire  (da  25  divisioni  nella
               primavera del  1943 a  52  un anno dopo, delle quali 25  schierate in com-
               battimento  in Italia).
                    L'impegno  numerico  delle  forze  dell'Asse  sul  fronte  orientale  scese
               perciò da 4  milioni di uomini  nel giugno  1943 a  meno di  3 milioni un
               anno  dopo.
                    E questo rappresentò il massimo sfruttamento della Campagna d'Ita-
               lia, anche nei suoi risvolti attenti le possibilità di offese nei Balcani e nella
               Germania meridionale. Potevano infatti essere direttamente rifornite le trup-
               pe  iugoslave  che  sotto  la  guida  di  Tito  si  erano  organizzate  in  200 000
               uomini inquadrati in formazioni che poco avevano in comune con quelle
               guerrigliere.
                    Con il crollo del settembre 1943, inoltre, le unità italiane con capaci-
               tà bellica residua -  e qui ci  si  riferisce a  quelle degli  scacchieri greco e
               balcanico -  nonostante la volontà di reagire ai tedeschi vennero subdola-
               mente ingannate, soprattutto dai greci di Napoleone Zervas (monachici)
               e dai comunisti di Sarafis. Ai quali premeva non tanto il sostegno operati-
               vo -  che non ricercarono mai -  quanto le armi, da usarsi poi alle resa
               dei conti tra le stesse fazioni politiche. Nella cruda realtà, chi pagò furono
               le truppe italiane, il cui trattamento da parte dei greci fu bieco ed inuma-
               no tanto che nei campi di Neraide e Karpenision la percentuale delle per-
               dite  sfiorò  1'80  per  cento.  I  tedeschi  nei  confronti,  sembrarono  agnelli.
                    Non mi dilungherò sui problemi dell'internamento, benché abbiano
               coinvolto 650 000 uomini, e sui concorsi- soprattutto all'estero- dati
               dalla resistenza delle truppe italiane. Un cenno meritano i fatti di Cefalo-
               nia per la loro cruenza. In una prospettiva storica distaccata dalle emozio-
               ni, il comportamento tedesco, sia pure stigmatizzandone la ferocia, appare
               operativamente accettabile. Moralmente molto di meno. Le condizioni di
               isolamento  del  presidio italiano  ponevano  in condizione le  truppe tede-
               sche di dare una lezione dissuasiva di grande eco all'ex alleato, allo scopo
               di  scongiurare l'allargamento  del  fenomeno.
                    Le truppe tedesche -  si ricordi -  erano in difficoltà su tutti i fron-
               ti, ed in endemica carenza di forze.  È in questa deterrenza che, a mio av-









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