Page 387 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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In tal modo Badoglio poté dedurne e far intendere a chi doveva ca-
pirlo che la generalità degli italiani aveva fiducia in quanti ne reggevano
le sorti o che, quanto meno, non si spingeva a forme di opposizione tali
da richiedere interventi repressivi. Ad avvantaggiare il governo di Bado-
glio nel conseguimento del suo scopo contò, in particolare, il fatto che es-
so con ogni evidenza incarnava quel Governo al quale gli stessi gerarchi
del Gran Consiglio a larghissima maggioranza nella notte del 24-2 5 luglio
avevano deliberato di chiedere che esercitasse tutte le prerogative riserva-
tegli dallo Statuto.
In altre parole, il successo di Badoglio era una riaffermazione della
monarchia, ovvero dello Stato, e andava molto oltre la persona del duca
di Addis Abeba il quale non conseguì più di quanto avrebbe ottenuto il
maresciallo Caviglia o qualunque altro fiduciario della Corona il re Vittorio
Emanuele III avesse posto a capo dell'esecutivo in quei frangenti. Semmai
Badoglio suscitava qualche speciale animosità in quanti non dimenticava-
no ch'egli era al Comando Supremo delle Forze Armate all'ingresso in guerra
e lo aveva lasciato solo dopo il clamoroso fallimento dell'aggressione alla
Grecia.
Il rapido e generale ripristino dell'ordine pubblico nell'agosto 1943
in altri termini va ascritto alla docilità degli italiani più che all'iniziativa
del governo: una disponibilità ad assecondare le istituzioni che si fondava
sul non spento ricordo dei precedenti interventi personali del Re nei mo-
menti più critici della storia politico-militare d'Italia sin da quando "chia-
mato a morte" Vittorio Emanuele aveva assunto la corona, in successione
all'assassinato Umberto I (29 luglio 1900).
* * *
Per intendere la condotta del Re nei lunghi mesi durante i quali ma-
turarono la defenestrazione di Mussolini e l'accettazione della resa incon-
dizionata occorre fermare l'attenzione sulla personalità del Sovrano e sulle
sue esperienze di Re. Il curatore del Corpus mummorum italicorum stagliava
la propria figura nello scenario plurimillenario del ruolo svolto dal "prin-
cipato" nel corso dei millenni e affidava il giudizio sulla sua opera non
ai contemporanei, né quindi a questo o quel suddito, quali ne fossero fun-
zioni e requisiti, ma alla storia, di cui fu appassionato cultore sin dall'a-
dolescenza.
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