Page 392 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 392

VECCHIO  E NUOVO NEL  "GOVERNO  DEL SUD"                          391

                   Si  deve  però ritenere che davvero  il governo tendesse  a  "creare un
              vuoto pauroso intorno alla  Corona", come avvertivano in molti.  Per  ri-
              spondere a questo fondamentale quesito occorre confrontare la libertà d'i-
              niziativa  di cui il  Re disponeva prima del  25  luglio  1943 con quella  di
              cui  si  trovò  ad avvalersi  tra  fine  agosto  e  inizio  settembre.

                   Dall'inizio dell'anno e con ritmo più incalzante dopo gli scioperi del
              marzo, che egli non esitò a classificare di natura politica anche se i mani-
              festanti stessi mettevano in primo piano la richiesta di pace e pane (obiet-
              tivi che dovevano  forzatamente passare attraverso la  liquidazione di chi
              aveva voluto la guerra, anzi quella guerra:  rispondente non più agli inte-
              ressi  dell'Italia  ma  a  quelli  soli  del  regime),  Vittorio  Emanuele III  ebbe
              ripetuti contatti con autorevoli esponenti della "vecchia guardia" antifa-
              scista: cattolici come il senatore Casati, liberali come Marcello Soleri, Mi-
              nistro della  Guerra nell'ottobre  1922 ed erede morale del giolittismo,  il
              democratico e antico socialriformista lvanoe Bonomi, il senatore Alberto
              Bergamini, che faceva da punto di convergenza fra la tradizione dei fratd·
              li Luigi e Alberto Albertini, ovvero delliberalismo lombardo, e quella dei
              Salandra, Sonnino e di quanti, con Benedetto Croce, si erano riconosciuti
              nel  Giornale  d'Italia.
                   Il Re, insomma, poteva contare sul leale sostegno della dirigenza sem-
              pre rimasta in attesa di separare nettamente le  sorti della  Corona (e  del
              Paese) da quelle del regime e del suo "duce". Da mesi si era inoltre anda-
              to formando un nuovo e determinante pilastro della monarchia: con basi
              proprio all'interno del fascismo, ma volto a sorreggere non più Mussolini
              e il PNF bensì gli interessi permanenti e generali dell'Italia, in ormai ma-
              nifesta antitesi con quelli di chi, dopo aver voluto l'intervento, non aveva
              saputo condurre né una "guerra parallela" con adeguati successi, né,  al-
              meno, una linea sia pure subalterna alla Germania nazista ma nel segno
              della vera tutela degli obiettivi nazionali italiani. Cementato dall'iniziati-
              va personale di alcuni gerarchi e persino di quadrumviri della marcia su
              Roma -    da De Vecchi e De Bono a Dino Grandi, Giuseppe Bottai, cui
              s'univa la memoria del tragicamente scomparso ltalo Balbo- questo pi-
              lastro finì per contare anche sul sostegno del genero di Mussolini, ex Mi-
              nistro degli Esteri e ora ambasciatore presso la Santa Sede, Galeazzo Ciano.
              A far conoscere al Sovrano la propria disponibilità ad assecondarne qual-
              siasi iniziativa atta a  chiudere i  conti con la dittatura e con l'innaturale
              alleanza con la Germania non erano però solo antifascisti e gerarchi, ben-
              sì antifascisti di area socialista e persino comunista, per i quali l'approdo








   I-VOLUME-quarto-anno-1994.indd   391                                                 03/03/16   17:04
   387   388   389   390   391   392   393   394   395   396   397