Page 390 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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VECCHIO  E NUOVO  NEL  "GOVERNO  DEL  SUD"                        389


              ca paci  di  criticare -  confidò  il  Re  a  quel  riguardo  il  2 6  gennaio  1941
              -  e di soffiare sul fuoco;  pochi o nessuno sono quelli che osano prendere
              decisioni  nette  e  assumersi  gravi  responsabilità.
                   Nel 1922 ho dovuto chiamare al governo "questa gente" perché tut-
              ti gli  altri,  chi  in un modo,  chi  in  un altro,  mi hanno abbandonato.  Per
              48 ore io  in persona ho  dovuto dare ordini direttamente al questore e al
              comandante del  corpo d'armata perché gli  italiani  non si  ammazzassero
              fra  loro" .  E conoscendo  quanto  all'epoca  faceva  il  presidente del  consi-
              glio, Facta, che andava beatamente a dormire in un alberguccio di Roma
              coprendosi con la giacca perché le coperte non bastavano a ripararlo dai
              primi freddi della notte romana -  come testimoniò Aldo Rossini, il qua-
              le andò ad annunciargli che le colonne dei quadrinviri avanzavano su Ro-
              ma  -  non  v'è  da  dubitarne.
                   Anche più solo il Re  rimase nel corso del regime e dopo l'intervento
              in quella guerra i cui primi anni sono stati acutamente esaminati nei pri-
              mi tre convegni di questa serie.  Il suo era però un isolamento artificioso,
              fatto di paratie stagne, interposte dal fascismo fra il Sovrano e la Nazione
              con il calcolato proposito di passare, prima o poi, dalla apparente "diar-
              chia" (avventata prefigurazione di una realtà mal conseguita), all'elimina-
              zione  della  monarchia.
                   Obiettivo, quest'ultimo divenuto certamente più assillante per via delle
              sempre più nette  divergenze tra il  "duce"  e il  Sovrano sulla  conduzione
              della guerra e specialmente sulle decisioni di politica estera e militare nel
              cui merito per esperienza il Re  considerava di avere superiore intelligen-
              za:  come provano, fra l'altro,  il  suo netto dissenso circa l'intervento con-
              tro l'Unione Sovietica a fianco  di Hitler e,  in generale,  sulla guerra  nella
              regione balcanica, in particolare riferimento alla questione montenegrina,
              sulla quale il Re giunse a dettare un "memoriale" affinché Mussolini co-
              noscesse  senza  possibilità  di  equivoci  il suo  pensiero.<9l
                   ~algrado le paratie stagne per anni allestite dal regime per offuscare
              l'immagine della monarchia, non per lusinga il Comandante dell'Arma dei
              Carabinieri, generale Hazon, a metà ottobre 1941 poteva assicurare a Pun-
              toni  che  "la massa  non  ha  fiducia  in  nessuno,  neppure  nel  Duce.  Tutti
              guardano alla Corona come a un'ancora di salvezza nel caso che la guerra
              si  risolva  con  una  sconfitta".


              (9)  lvi,  p.  104 (17  novembre  1942). Sull'effettivo  orientamento delle  Potenze  nemiche
                 nei  confronti dell'Italia  vedi  M.  De Leonardis,  "La  Gran Bretagna  e la  monarchia
                 italiana  (1943-1946)",  Storia  contemporanea,  1981  (XII),  n.  l,  p .  57  e  sg.








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