Page 426 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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LE  FORZE  ARMATE  ITALIANE  ED  I TEDESCHI  DOPO  L'8  SETTEMBRE   425

               Sorice, Ministro della Guerra. Il ministro, al corrente della situazione, di-
               ce di non fidarsi dei tedeschi e che bisogna guadagnare tempo. Non può
               assumersi così grande responsabilità e rimette il tutto al maresciallo Cavi-
               glia,  più  alta  personalità  militare  presente  a  Roma.
                   Giaccone si reca da Caviglia. Giunge, nel frattempo il generale Calvi
               che riepiloga al Maresciallo la situazione, gli fa leggere il documento "ulti-
               matum"  e gli  chiede  le  sue  decisioni.
                   Caviglia afferma che quanto promettono i tedeschi è il massimo che
               da loro  si  possa  aspettare e  che  sarebbe grave errore  non  accettare.  Ag-
               giunge  però  di  non  avere  nessuna  veste  legale  per  approvare la  cosa.
                   Sono le  14.00 del 10 settembre. Mancano due ore allo scadere dell"'ul-
               timatum". Il rischio imminente è Roma senz'acqua e bombardamento della
               città. Calvi e Giaccone si recano nuovamente dal generale Sorice. Ha luo-
               go una riunione alla quale sono presenti Sorice, Carboni, Calvi, Giaccone
               ed il tenente Torini come traduttore del documento tedesco.  "Chiunque
               firma  questo  documento,  si  preclude ogni  possibilità  di  avvenire  politi-
               co".  Affermazione di  Carboni ai  presenti.  A  questo  punto il tenente co-
               lonnello  Giaccone,  non  richiesto,  interviene  nella  discussione  in  modo
               pesante, senza essere interrotto da alcuno.  Manca poco alle quattro e c'è
               il  rischio  imminente di  una carneficina assurda,  che si  può evitare,  così
               come si  può evitare la deportazione in Germania di centomila soldati.  Il
               Giaccone  dichiara  ai  presenti  che  se  vogliono,  su  loro  ordine,  è  pronto
               a  controfirmare l'ultimatum  imposto  dal  nemico.
                   Naturalmente tutti si  dichiarano d'accordo. Quindi Giaccone firma
               l'ultimatum. Sorice gli da una carta topografica su cui sono riportati i li-
               miti  della  "città aperta"  conformi  a  quelli  allegati  alla  dianzi  citata  di-
               chiarazione  unilaterale  del  Governo  italiano.
                    Resta da decidere chi sarà il Comandante della " Città aperta": Sori-
               ce,  Carboni, Calvi? Il generale Calvi,  desidero ripeterlo, marito della pri-
               mogenita di Re Vittorio, accetta di assumersi anche questa responsabilità:
               il  comando  della  Città Aperta  di  Roma.
                    Il tenente colonnello Giaccone si precipita di  nuovo a  Frascati. È la
               quinta volta  che,  in meno  di ventiquattr'ore,  attraversa la  linea  di  com-
               battimento.  Alle  15.30 lascia  il  Ministero  della  Guerra e solo  alle  16.30
               giunge  al  Comando  di  Kesselring  con:
                  documento  firmato;
                  nome  del  Comandante  della  Città  aperta;
                  copia del documento grafico allegato alla dichiarazione unilaterale di
                  Roma  città  aperta.









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