Page 507 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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504 MARCO CUZZI
ascoltare pregiudizialmente un Regime ormai destinato alla sconfitta poli-
tica e militare, dall'altra parte il Regime non ebbe mai la forza e la volontà
di rendere seriamente operativi gli enunciati. "Tra gli errori commessi dagli
organi esecutivi della Repubblica Sociale Italiana", scrive Ugo Manunta
nelle sue memorie "il più grave è stato quello di non aver saputo, contro
le difficoltà incombenti, portare alle estreme conseguenze gli enunciati di
quei famosi diciotti punti del Manifesto di Verona su cui doveva riposare
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la legittimità politica della Repubblica stessa" .< 6>
Emblematico, in questo senso, fu l'atteggiamento di Mussolini. Da
un lato il Duce, e lo si evince leggendo le note della sua "Corrispondenza
repubblicana" nei giorni successivi al Congresso,<m sembrava pervaso da
un sincero entusiasmo verso una riconquistata origine socialista del Mo-
vimento; dall'altro, dimostrava in privato scetticismo se non addirittura
ostilità verso chi tentava di riempire di contenuti i punti di Verona. Se-
condo Dolfin, Mussolini, conscio di "seppellire" alcuni degli enunciati fon-
damentali, motivava tale decisione con lo stato di guerra.< 78 > Così come
aveva fatto durante il dibattito istituzionale, il Duce si asteneva sulle que-
stioni sociali, non approfondendo quanto da lui intuito, lasciando che il
Manifesto di Verona, così come era accaduto per quello di San Sepolcro,
si trasformasse in un mero simbolo al quale appellarsi nei discorsi e sulle
note giornalistiche.
Le discussioni teoriche restarono circoscritte nelle torri d'avorio. Lo
Stato "rivoluzionario" fascista era sconvolto da una sanguinosa guerra ci-
vile e la limitatezza della sua sovranità non era minimamente messa in
discussione dai tedeschi. Già il 16 settembre, a pochi giorni dalla libera-
(76) U. Manunta, La caduta degli angeli (Storia intima della Repubblica Sociale Italiana), cit.,
p. 43.
(77) "(. .. ) è bene che gli italiani di ogni partito e di ogni tendenza politica e soprattutto
gli uomini del lavoro manuale e intellettuale meditino profondamente sui principii
della nuova costituzione repubblicana quali appaiono dal manifesto programmati-
co di Verona. In esso appaiono chiari e inconfondibili, spogli di ogni voluta retori-
ca, i concetti di libertà, i soli che possono sgorgare dall'insieme delle esperienze
politiche e sociali che in questi ultimi cinque lustri hanno dato vita alle diverse cor-
renti politiche mondiali. (. .. ) La Repubblica non chiede uomini che abbiano passa-
te o presenti benemerenze fasciste; non chiede una tessera qualsiasi o un particolare
giuramento. Chiede soltanto che i lavoratori portino il loro libero contributo di idee
e di azione alla realizzazione del nuovo edificio rivoluzionario" (Note della "Corri-
spondenza repubblicana", in: E. e D. Susmel (a cura di), Opera omnia di Benito Mus-
solini, vol. XXXII, cit., p. 272-273).
(78) G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia, cit., p. 136.
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