Page 507 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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                ascoltare pregiudizialmente un Regime ormai destinato alla sconfitta poli-
                tica e militare, dall'altra parte il Regime non ebbe mai la forza e la volontà
                di rendere seriamente operativi gli enunciati. "Tra gli errori commessi dagli
                organi esecutivi  della  Repubblica Sociale Italiana", scrive Ugo  Manunta
                nelle sue memorie "il più grave è stato quello di non aver saputo, contro
                le difficoltà incombenti, portare alle estreme conseguenze gli enunciati di
                quei famosi diciotti punti del Manifesto di Verona su cui doveva riposare
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                la  legittimità  politica  della  Repubblica  stessa" .< 6>
                    Emblematico,  in questo senso,  fu  l'atteggiamento  di  Mussolini.  Da
                un lato il Duce, e lo si evince leggendo le note della sua "Corrispondenza
                repubblicana" nei giorni successivi al Congresso,<m sembrava pervaso da
                un sincero entusiasmo verso una riconquistata origine socialista del Mo-
                vimento;  dall'altro, dimostrava in privato scetticismo se  non addirittura
                ostilità verso  chi  tentava di  riempire di  contenuti i punti di  Verona. Se-
                condo Dolfin, Mussolini, conscio di "seppellire" alcuni degli enunciati fon-
                damentali,  motivava  tale  decisione  con  lo  stato  di guerra.< 78 > Così  come
                aveva fatto durante il dibattito istituzionale, il Duce si asteneva sulle que-
                stioni sociali,  non approfondendo quanto da lui  intuito, lasciando che il
                Manifesto di Verona, così come era accaduto per quello di San Sepolcro,
                si  trasformasse in un mero simbolo al quale appellarsi nei discorsi e sulle
                note  giornalistiche.
                    Le  discussioni teoriche restarono circoscritte nelle torri d'avorio. Lo
                Stato "rivoluzionario" fascista era sconvolto da una sanguinosa guerra ci-
                vile  e la  limitatezza  della  sua  sovranità  non  era  minimamente  messa  in
                discussione dai tedeschi. Già il  16 settembre, a pochi giorni dalla libera-



                (76)  U. Manunta, La caduta degli angeli (Storia intima della Repubblica Sociale Italiana),  cit.,
                    p.  43.
                (77)  "(. .. ) è bene che gli italiani di ogni partito e di ogni tendenza politica e soprattutto
                    gli uomini del lavoro manuale e intellettuale meditino profondamente sui principii
                    della nuova costituzione repubblicana quali appaiono dal manifesto programmati-
                    co di Verona. In esso appaiono chiari e inconfondibili, spogli di ogni voluta retori-
                    ca,  i  concetti  di  libertà,  i  soli  che  possono  sgorgare  dall'insieme  delle  esperienze
                    politiche e sociali che in questi ultimi cinque lustri hanno dato vita alle diverse cor-
                    renti politiche mondiali. (. .. ) La Repubblica non chiede uomini che abbiano passa-
                    te o presenti benemerenze fasciste;  non chiede una tessera qualsiasi o un particolare
                    giuramento. Chiede soltanto che i lavoratori portino il loro libero contributo di idee
                    e di azione alla realizzazione del nuovo edificio rivoluzionario"  (Note della "Corri-
                    spondenza repubblicana", in: E. e D. Susmel (a cura di), Opera omnia di Benito Mus-
                    solini,  vol.  XXXII,  cit.,  p.  272-273).
                (78)  G.  Dolfin,  Con  Mussolini  nella  tragedia,  cit.,  p.  136.









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