Page 502 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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PRESUPPOSTI  SOCIALI  ED  ORGANIZZATIVI  DELLA  R.S.I.            499

               così  esplicito ai  "confini naturali", appellandosi  "alla  reazione  che  ci  si
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               sarebbe  dovuti  attendere  nella  opinione  pubblica  croata  e  francese" .< )
               Oltre alle richieste di Pierre Lavai sul ritorno allo Stato francese di Nizza,
               Savoia e Corsica, la questione riguardava soprattutto i rapporti con Ante
               Pavelic, il cui Esercito aveva occupato all'indomani dell'8 settembre le re-
               gioni dalmate già annesse o occupate dall'Italia, e con il quale era aperta
               una vertenza per il possesso di tali distretti.  Ma, oltre ai problemi confi-
               nari con gli  Stati satelliti,  sussisteva una questione ancora scottante atti-
               nente ai rapporti tra Salò e Berlino in merito ai confini nord-orientali alpini
               e adriatici della RSI, occupati e- come scrive Dolfin- di fatto annessi
               al Reich,<59),  di cui si  parlerà più avanti. L'eliminazione della fatidica frase
               avrebbe risparmiato a  Rahn ed al  Governo di Berlino una situazione al-
               quanto  imbarazzante con  Mussolini,  evitando  inoltre la  formalizzazione
               di una sorta di "neo-irredentismo" tra i neofascisti. Il resto del program-
               ma di politica estera si occupava di obiettivi di lungo termine, implicita-
               mente  rinviati  al  termine  del  conflitto.  Si  auspicava  la  nascita  di  una
               "Comunità Europea" tra nazioni che accettassero i seguenti principi: "eli-
               minazione dei secolari intrighi britannici dal nostro continente";  "aboli-
               zione del sistema capitalistico interno e lotta contro le plutocrazie mondiali";
               ''valorizzazione, a beneficio dei popoli europei e di quelli autoctoni, delle
               risorse dell'Africa,  nel rispetto assoluto di quei popoli,  in i specie musul-
               mani  che,  come  l'Egitto,  sono  già  civilmente  e  nuclealmente  organizza-
               ti".<60)  A  parte  l'esplicito  riferimento  alla  Gran  Bretagna  e  l'implicita
               citazione degli Stati Uniti (le "plutocrazie mondiali"), l'enunciazione stig-
               matizzava  un concetto  europeista sino  a  quel momento assente  nei  pro-
               grammi fascisti. L'ultimo comma, di netta connotazione imperialista, pareva
               voler dissotterrare la vecchia "spada dell'Islam" in versione antibritanni-
               ca. Da notare, infine, la completa assenza di riferimenti all'Unione Sovie-
               tica  ed alla lotta al bolscevismo.  La  brevità, la genericità e  soprattutto il
               "taglio" compiuto da Rahn dimostravano lo  scarso potere d'interdizione
               della  RSI,  Stato  satellite  suo  malgrado,  in  politica  estera.<6l)


               (58)  Ibidem,  p.  63.
               (59)  G.  Dolfin,  Con  Mussolini  nella  tragedia,  cit.,  p.  67.
               (60)  Atti fondamentali  del fascismo,  cit.,  p.  122.
               (61)  Oltre che dalla Germania, dal Giappone e dalla Croazia (quest'ultima con tutte le
                   riserve relative alla questione dalmata), la  RSI venne riconosciuta con qualche esi-
                   tazione dalla Bulgaria e dalla Romania, con la  quale gravava una vertenza su cin-
                   que sommergibili italiani rimasti sul Mar Nero. Risolti  i problemi dei diplomatici








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