Page 497 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 497

494                                                        MARCO  CUZZI

               Pavolini e che trovava i suoi esponenti di punta nei vecchi leader del passato
               Regime posti al vertice dello Stato: Ricci, Buffarini-Guidi, il Ministro della
               Cultura Popolare Fernando Mezzasoma. Facendo leva sulla base intransi-
               gente,  sul revanscismo  dei  vecchi  squadristi e sull'entusiasmo estremista
               dei più giovani, la destra, pur non respingendo i presupposti "socialisti"
               della RSI, ostacolava qualsiasi tentativo di conciliazione proposto dalla com-
               ponente liberale e, ribadendo il ruolo centrale del Partito, negava che esso
               -  come viceversa sostenevano gli esponenti della sinistra -  potesse ave-
               re  un  ordinamento  interno  democratico.  Pur divisa  al  suo  interno  dalle
               gelosie personali (contrasto Buffarini-Pavolini e Pavolini-Ricci), la corren-
               te "gerarchista" trovava la sua unità nell'ostacolare i progetti rivoluziona-
               ri  degli altri gruppi. Forte di un seguito tra le  Squadre d'azione e tra le
               formazioni irregolari sorte all'indomani dell'armistizio, la destra manten-
               ne  il  controllo quasi totale del Partito e della  Repubblica,  subordinando
               qualsiasi dibattito politico ed istituzionale alla vittoria sul campo contro
               gli Alleati ed il movimento partigiano. La  divisione originaria tra "verti-
               ce" e "base" si sarebbe dunque trasformata in una vera e propria spacca-
               tura tra un ceto intellettuale moderato, proiettato ora verso la pacificazione
               nazionale ora verso la socializzazione integrale, ed una moltitudine di atti-
               visti  pronti a  punire duramente traditori  e ribelli,  con il  sostanziale ap-
               poggio  dei  vecchi gerarchi.  "In materia di  politica interna e di  rapporti
               con gli avversari o gli ex avversari", scrisse Pavolini in un "Foglio d' ordi-
               ne" alle federazioni il  5 ottobre, "non si deve indulgere a troppi generici
               appelli all'abbraccio universale".  Gli  fece  eco  "Il Fascio", giornale della
               Federazione milanese del  PFR:  "Non è l'ora  della  penna,  ma della  spa-
               da".<40l  L'estremismo si  sarebbe presto scatenato. Lo  stesso Mussolini di-
               mostrò piu volte il suo disappunto verso gli episodi sempre piu numerosi
               di violenza.  La  notte di Ferrara fu  per il Duce "un atto stupido e bestia-
               le"; e Dolfin, commentando la frase di Mussolini, non poté che fotografa-
               re la spaccatura: "Il controllo delle provincie sfugge in gran parte all'azione
                             41
               del Governo".< l È ancora Dolfin che ci  riporta una quanto mai profeti-
               ca considerazione di Mussolini sulla stagione di violenza che si stava apren-
               do:  "La cosiddetta corsa alla 'purità' è sensibilmente pericolosa anche per
               coloro che la richiedono. Né vorrei che coloro che invocano i plotoni d'e-
               secuzione in ogni piazza d'Italia, fossero domani i primi ad essere travolti
                                                                                  42
               dalla  psicosi  che  accompagna  sempre  questo  genere  di  faccende". < l

               (40)  G. Mayda, "La lunga notte di Ferrara", in: Storia Illustrata nr. 200, luglio 1974, p. 33.
               (41)  G. Dolfin,  Con  Mussolini  nella  tragedia,  cit.,  p.  96.
               (42)  Ibidem,  pp.  33-34.








   I-VOLUME-quarto-anno-1994.indd   494                                                 03/03/16   17:10
   492   493   494   495   496   497   498   499   500   501   502