Page 512 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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LE FORZE ARMATE DELLA R.S.I. 509
dubbio, per usare un eufemismo, poco elegante. Questi uomini non ama-
vano più che tanto la Germania, e nemmeno Mussolini, ma avevano un
alto concetto della dignità e dell'onore loro personali e delle Forze Armate
italiane. Volevano attestare che l'Italia, dopo aver insistito per entrare nel
conflitto mondiale, dopo aver smaniato per essere presente sui più diversi
fronti (senza riuscire ad assolvere i compiti che le spettavano là dove ave-
va - come in Africa Settentrionale - una responsabilità preminente se
non esclusiva), non era pronta a sganciarsi nel momento in cui le cose
volgevano al peggio. Pur consapevoli- almeno molti tra loro- del fatto
che l'epilogo della guerra era segnato, questi militari continuarono a com-
battere a fianco dei tedeschi. Lo fecero benché i tedeschi si comportassero
ormai da occupanti, e da occupanti duri, quando non feroci; lo fecero pur
vedendo assottigliarsi fino a diventare irrilevante il consenso che questo
loro beau geste poteva ispirare. Si trovarono nella necessità di battersi con-
tro gli interessi materiali del Paese - considerati in lunga, ma nemmeno
tanto, prospettiva - e a fianco di chi gassava milioni di ebrei. Ma ai sen-
timenti che li ispirarono va tributato rispetto.
Maggior rispetto, senza dubbio, di quanto ne abbiano meritato i ge-
nerali affollatisi sul molo di Ortona a mare, il 9 settembre 1943, per im-
barcarsi sulla corvetta Baionetta: la codardia di quei fuggiaschi - mi riferisco
ai comandanti che avrebbero dovuto trovarsi nelle sedi dei loro stati mag-
giori, e organizzare la presa di possesso di Roma e del Paese - non mac-
chia gli eroismi di altri. Ma a quei fuggiaschi preferisco senz'altro i buoni
anche se illusi combattenti di Salò.
Graziani pose dunque mano alla ristrutturazione d'un Esercito che
nasceva a immagine e somiglianza di quello "regio". Una struttura ele-
fantiaca al vertice, con una massa imponente di ufficiali senza reparti.
La piramide aveva una base amministrativa immensa, e una punta
estremamente esigua di reparti operanti o in formazione. Capo di Stato
Maggiore dell'Esercito era Gastone Gambara, che godeva di buona fama
anche se la sua estrema offensiva contro i greci, nel marzo del 1941, pre-
sente Mussolini, s'era risolta in un clamoroso fallimento. Ma non dava
affidamento di vera fede fascista e si mormorava che si fosse schierato con
Graziani, "sol perché al tempo del tradimento di Badoglio si trovava da
questa parte".
Mancavano le armi. I tedeschi, che avevano fatto un immenso botti-
no di guerra quando le Forze Armate italiane s'erano dissolte, non inten-
devano affatto largheggiare. Come al solito, il desiderio di Mussolini era
quello d'attestare la presenza del suo Esercito là dove era il fronte di guer-
ra: desiderio che rimase, con qualche eccezione modesta, inappagato.
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