Page 555 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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                    Già nel luglio del  1941  l'ambasciatore italiano a Berlino informò il
               Ministero  degli  Esteri  a  Roma  che  le  autorità germaniche -  impaurite
               dal "pericolo di una vera epidemia di matrimoni misti" -  volevano "ad
               ogni costo evitare" gli sposalizi tra italiani e tedeschi. A Roma il vero mo-
               tivo di questa preoccupazione dell'alleato era palese: la paura dei capi na-
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               zisti  di  insudiciare  il  sangue  tedesco.  < >
                    Poi,  nell'estate del  1944, il Ca p o della  Cancelleria del Partito, Mar-
               tin Bormann, diede infatti disposizione ai capi dei vari distretti del Reich
               perché fossero segretamente, ma incondizionatamente vietati rapporti in-
               timi fra donne tedesche ed uomini italiani che altrimenti avrebbero com-
               promessa "la purezza del sangue tedesco".  Dato il fatto  che la Germania
               era ufficialmente ancora alleata  della  Repubblica  di  Salò,  Bormann non
               poteva  -  cosa  che  avrebbe  preferito  -  sancire la  proibizione con  una
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               legge,  ma  doveva  accontentarsi  dell'intimidazione  alle  donne.< 0
                   La  collocazione degli  italiani tra gli  appartenenti ad una razza infe-
               riore è dimostrata anche nel fatto  che gli  internati militari erano classifi-
               cati  al  di  sotto  dei  prigionieri  di  guerra  affini  per  razza  ai  tedeschi.
                   L'ideologia razzista  si  manifestò inoltre nella  previsione di imporre
               agli italiani -  dopo la vittoria tedesca -  il rango di un popolo di lavora-
               tori  disarmati.  (42)
                   Tutto ciò prova quanto il sentimento razzista influenzò il comporta-
               mento nei confronti degli  italiani.  Si  trattava certamente di  un razzismo
               non  paragonabile a  quello  che  ha  portato  al  genocidio  commesso  verso
               gli  ebrei.  Quello  manifestato  nei  confronti  degli  italiani  fu  un  razzismo
               che non intese lo  sterminio, bensì il  declassamento nazionale, ma che ciò
               nonostante strappò via migliaia di vite umane. Fu un razzismo che si diffuse
               dal vertice del Terzo Reich - da dove vennero emanati gli ordini criminali -
               fino allivello dell'uomo della strada. Non per caso gli italiani diventarono
               nel linguaggio e nel giudizio tedesco di allora "schiavi", "pezzi", "porci"
               "canaglie" o "esseri inferiori" la cui vita aveva un valore abbastanza basso.
                    Riguardo a ciò conviene ricordare un evento -  rimasto stranamente
               ignoto fino al 1990- che si potrebbe definire emblematico. Nel novembre


               (40)  Cfr.  I  Documenti  Diplomatici  Italiani.  Nona  serie:  1939-1943,  vol.  VII  (24  aprile  - 11
                   dicembre  1941), Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello  Stato, Libreria dello  Stato,
                   1987,  doc.  426,  p.  400-402.
               (41)  Cfr.  al  riguardo  G.  Schreiber,  I  militari italiani internati,  cit.,  p.  533-534.
               (42)  Ibid.,  p.  526-527.










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