Page 560 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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PRIME  ATTIVITÀ  PARTIGIANE:
                           I  PARTITI  E LA  CLANDESTINITÀ








                                                                    FRANCO  BANDINI



                    Ad oggi, non è comparsa alcuna opera puntata a raccogliere e chiari-
               re,  per le generazioni  presenti e  per quelle  future,  i  fattori  psicologici e
               morali che agirono come potenti forze di fondo nel determinare gli atteg-
               giamenti  e le  singole  decisioni  degli  italiani  dalla tragica sera  dell'S  set-
               tembre 1943 in poi, segnatamente tra le Forze Armate. È molto improbabile
               che un'opera simile possa comparire domani, poiché nulla è più difficile,
               nella storia,  che il  far  rivivere  in modo  persuasivo  non tanto  i  fatti  che,
               bene o male, possono esser ricostruiti e narrati, quanto gli impulsi, spesso
               persino inconsci,  che li  determinarono a livello  di individui e  di masse.
                    Sia dunque consentito a chi -  come me -  visse quella terribile crisi
               in prima persona, da ufficiale d'artiglieria appena rientrato dal fronte russo,
               di tentare una rivisitazione serena dei parametri reali ai quali occorre far
               necessario riferimento quando si  vuol giungere ad un giudizio  sui  com-
               partamenti collettivi ed individuali in quei frangenti,  nonché sui tempi,
               modi e ragioni che condizionarono ed in parte limitarono la nascita e lo
               sviluppo  della  Resistenza.

                    Per quanto inconsueta possa suonare questa affermazione, la prima
               reazione al comunicato del maresciallo Badoglio dell'S settembre sera, fu
               nelle Forze Armate, ma anche nel Paese, di incredulità, di sbalordimento
               e d'ira. Da quelle disadorne e opache parole, l'Italia apprese non soltanto
               ciò che non sapeva, ma anche ciò che non aveva avuto motivo fino a quel
               momento di sospettare: e cioè che la guerra, iniziatasi 39 mesi prima, era
               stata irrimediabilmente perduta. Le Storie attuali hanno il gravissimo tor-
               to di sorvolare ed anzi di negare l'esistenza ed il peso di questo drammatico
               "momento della verità", sostituendo all'incredulità il sollievo, allo sbalor-








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