Page 557 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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modo la prevaricazione partitica su Stato e pubblica amministrazione, rei-
teratamente tentata, ma non sempre né ovunque conseguita dal fascismo,
divenne regola fissa, con esiti devastanti per la ormai malinconicamente
invocata e quotidianamente calpestata separazione dei poteri.
Un terreno sul quale il sovvertimento dello Stato di diritto si tradus-
se in stravolgimento delle certezze minime fu l'amministrazione della giu-
stizia. Non è nostro compito occuparcene analiticamente, perché, in questo
stesso convegno la affronta da par suo un giurista eminente quale Rodolfo
Prosio. Ci limitiamo a osservare che la confisca dell'amministrazione del-
la giustizia penale ebbe luogo da parte delle bande partigiane ancor prima
che i CLN se ne autoinvestissero, sulla base di una pretesa titolarità della
sovranità popolare, ovvero nella presunzione che lo Stato italiano avesse
cessato di esistere e che esso stesse risorgendo esclusivamente dalla lotta
partigiana: equivoco poi dilatato dalla storiografia.
Originariamente essa altro non fu che uno dei modi di attuazione
della guerra partigiana: cioè individuazione delle persone da eliminare quali
ostacoli per la vittoria sui nazifascisti. È appena il caso di osservare che,
data la discrepanza tra le diverse e talora persino sanguinosamente con-
tra p poste fomazioni partigiane - anche in ordine all'assetto economico-
sociale da conferire all'Italia a pace raggiunta - le "sentenze" (sia nella
forma della individuazione del bersaglio da eliminare, sia come giudizio
sui prigionieri, sia quale norma da mandare ad effetto senza bisogno d'al-
tre verifiche) cangiavano in funzione degli obiettivi politici ultimi delle
varie formazioni partigiane, nonché, delle stagioni di una guerra profonda-
mente mutante nel suo stessso corso. L'esattore delle imposte, il funziona-
rio di polizia, l'impiegato d'ordine a servizio dell'amministrazione centrale
o periferica della RSI se dagli uni eran considerati imprescindibile sup-
porto di una quotidianità meno drammatica proprio perché, bene o ma-
le, sussisteva comunque un tessuto burocratico capace di assicurare
continuità e un minimo di "normalità" alla società civile, a giudizio di
altri erano nient'altro che strumenti della repressione nazifascista o addi-
rittura ingranaggi di uno Stato - quello "borghese" e quindi per sua na-
tura protervo, "nemico del popolo" - condannato senz'appello dalla
"rivoluzione" e in quanto tale da eliminare quando, come e dove possibile.
L'incertezza delle sorti individuali s'impose insomma, nel corso del
1944, quale altro angoscioso risvolto del prolungamento di una guerriglia
che andò assumendo sempre più i requisiti, inizialmente niente affatto scon-
tati ne palesi, di guerra civile. La divaricazione, sino a radicalizzazioni ma-
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