Page 365 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
P. 365

IL  RITORNO DEI  PRIGIONIERI  DI  GUERRA                          357

               Grecia e Balcania (40 000), dall'Italia, ex-cooperatori (38 000), dall'Inghil-
               terra (2300), dagli Stati Uniti (2100) e da altre zone sotto controllo bri-
               tannico (Africa, India e Medio Oriente) 5 700. In questa fase ben 513 400
               ex militari italiani tornarono in patria mentre un altro forte nucleo di ex-
               IMI, in quei primi mesi di pace, stava sostando per un periodo più o me-
               no lungo nei campi di smistamento stabiliti dagli anglo-americani in terri-
               torio  tedesco,  onde  rimediare alle  loro  debilitate condizioni  di  salute.
                    La stragrande maggioranza degli  internati militari  in Germania ri-
               sulta tornata in patria entro dicembre 1945; 204 600 reduci dalla Germa-
               nia e dalla Svizzera risultano essere transitati nei Centri del Nord ai quali
               giunsero anche dalla Francia 14 700 ex militari della 4a  Armata e 21 200
               cooperatori. Infine, dall'URSS,  9500 ex prigionieri di guerra rimpatria-
               rono in quel periodo ottobre-dicembre. Altri 50 200 reduci transitarono
               dai Centri alloggio dell'Italia meridionale e cioè 4200 dalla Grecia e dalla
               Balcania, 1800 dall'Inghilterra, 22 800 dagli Stati Uniti, 10 000 dalle co-
               lonie inglesi  ed  11 300 dal Nord Africa  prigionieri  nelle  mani  inglesi  e
               statunitensi. Complessivamente, fino al maggio, tornarono in Italia 69 400
               ex militari reduci a vario titolo, e, dopo maggio fino a dicembre, 823 000
               reduci, ciò che da un totale di 892 400 rimpatriati a  tutto il  1945. Con
               una simile cifra una elevata percentuale di prigionieri di guerra e  quasi
               tutti gli  IMI risultavano  rimpatriati e  smobilitati.  Ci  si  può interrogare
               circa le cause delle lentezze circa il rimpatrio dei prigionieri di guerra in
               mano alleata che li fecero mantenere ancora per molti mesi in un regime
               duro, talvolta spietato. Le spiegazioni che, di norma, si danno sono tutte
               attinenti a problemi di trasporti, con la carenza di naviglio e con la priori-
               tà attribuite alle esigenze dei vincitori. Ma secondo talune analisi non so-
               no neppure da trascurare certe spiegazioni di altra natura legate  all'uso
               economico che di tale manodopera, quasi gratuita, qualcuno voleva conti-
               nuare a  godere.  L'impiego  di cooperatori  italiani  fu  largamente  diffuso
               ed utile un po' dovunque. Per esempio, nel Kenya essi "dovevano lavora-
               re negli uffici governativi, nelle officine, nelle fabbriche, nelle farms,  pres-
               so  ditte  britanniche,  greche  o  indiane,  presso  famiglie  dei  settlers  dei
               maggiorenti della colonia" .<3>  I  riconoscimenti del  'valore'  di questi  pri-
               gionieri italiani non mancano; il maggiore G. Tomlinson della Direzione
               dei prigionieri di guerra presso l'East Africa Command ne sottolineò, in una


               (3)  A. Denti di Pirajno, La mia seconda educazione inglese, Milano, Longanesi, 1971, p.  156.









   III-VOLUME-SESTO-anno.indd   357                                                     22/03/16   09:48
   360   361   362   363   364   365   366   367   368   369   370