Page 391 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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1945: L'ANNO  ZERO  DELL'ECONOMIA  ITALIANA                       383

                   In realtà, le cose andarono assai meglio di quanto gli economisti che
              fra fine '44 e primi del1945 si dedicarono alla programmazione del ritor-
              no a condizioni di normalità avessero osato sperare. Già nel corso del 1948,
              quando  venne  perfezionato  ed  adottato un  piano di  politica  economica
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              a  lungo termine elaborato  da  Pasquale Saraceno,< l  il  reddito  nazionale
              italiano  aveva  raggiunto  e  superato  i  valori  del  '38  e,  alla  fine  del  de-
              cennio preventivato, nel  1954, era cresciuto addirittura di oltre un terzo
              ( + 36% ). Quanto, invece, alla quota di ricchezza accantonata per investi-
              menti, alla quale si sarebbero in seguito aggiunte le  risorse messe a dispo-
              sizione dall'European Recovery Program, meglio conosciuto come piano
              Marshall, gli esperti che elaborarono le linee generali di politica economi-
              ca  per la  ricostruzione videro bene. Solo nel  1954 la  percentuale delle ri-
              sorse reinvestite per aumentare la capacità produttiva del sistema economico
              tornò  allivello  del  22%;  quel  livello  toccato  nell'ormai  lontano  1938.

                   Nelle  intenzioni di  quanti erano impegnati a  redigerlo,  il program-
              ma della  ricostruzione avrebbe dovuto favorire  il  ripristino del processo
              fisiologico  di formazione della ricchezza in modo da innescare sia un mi-
              glioramento del generale livello di vita della popolazione, sia un incremento
              del patrimonio di beni strumentali, a partire da quelli a più alta produtti-
              vità.  La  preoccupazione  dominante  era  data  dall'esigenza  di  ricostruire
              e migliorare il capitale tecnologico così da offrire occupazione al maggior
              numero possibile di lavoratori. Alla vigilia della guerra, nella Penisola era
              stato raggiunto un soddisfacente equilibrio fra manodopera e capitale in-
              vestito. All'indomani della fine della guerra- non era difficile prevederlo
              - si  sarebbe profilato uno squilibrio accentuato fra  infrastrutture e capi-
              tali, danneggiati e in parte distrutti, e manodopera largamente esuberante
              rispetto alle possibilità di assorbimento delle imprese, anche quando que-
              ste fossero  arrivate a lavorare al massimo delle possibilità degli impianti.
                   Libero Lenti calcolò che, finita la guerra,  3,6 milioni di individui si
              sarebbero messi in cerca di lavoro, vale a dire una quota molto vicina al
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              20 per cento della manodopera disponibile nel Paese.0 l Nel giro di qual-
              che anno la forza  lavoro disoccupata avrebbe potuto inserirsi nel settore
              agricolo (1,3 milioni), in quello industriale (l milione) per reintegrare le



              (13)  V. Zamagni, Dalla periferia al centro.  La seconda rinascita economica dell'Italia  1861-1990,
                   Bologna,  1994,  p.  416.
              (14)  L.  Lenti, Elementi economici per un  "Piano" di ricostruzione nazionale,  (dattiloscritto ine-
                   dito,  redatto  nel  1944-45,  conservato  presso  la  fondazione  Einaudi),  p.  126.








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